NewsGuard è un’estensione per browser Internet creata da NewsGuard Technologies. Il programma contrassegna le notizie con un’icona di colore verde oppure rosso, il che permette ‘indiscutibilmente’ agli utenti di riconoscere le fake news.
Nella pagina “Chi siamo” del suo sito web, NewsGuard si definisce “baluardo dell’informazione corretta”, ma in realtà nella pagina non è contenuta alcuna informazione sulla tipologia di organizzazione davanti a cui ci troviamo di fronte.
Non si fa menzione al fatto che NewsGuard non è un’organizzazione senza scopo di lucro e neppure un’emanazione di qualsivoglia istituzione.
NewsGuard è un’azienda privata, una “Incorporated” con sede negli Stati Uniti.
Perché NewsGuard allora non fa sapere chiaramente che è un’azienda privata che vende agli utenti finali, cioè ai lettori dei siti web, il proprio servizio di “recensioni” attraverso una formula di abbonamento?
NewsGuard, una società dai molti finanziatori privati
Per saperne di più su NewsGuard, possiamo ricorrere a Craft.co, un sito che offre informazioni sulle società di tutto il mondo. Si scopre così che NewsGuard Inc è un’azienda fondata nel 2018 che ha una capitalizzazione di 6 milioni di dollari e ha come finanziatori diversi privati e società.
Peccato che, per reperire informazioni chiare sul suo assetto societario e chi finanzi NewsGuard, occorre uscire dal suo sito web e cercare altrove. NewsGuard di contro giudica negativamente i siti web che non forniscono informazioni sul proprio assetto societario e sui finanziamenti.
Alcuni siti web, “inaffidabili” secondo NewsGuard, dichiarano invece chiaramente come raccolgono le informazioni, come le verificano attraverso fonti autorevoli e dichiarano poi chi sono i loro finanziatori. NewsGuard, che si erge a censore dell’informazione globale, può dire di fare altrettanto?
A che titolo la valutazione di NewsGuard su un’informazione corretta può essere espressa da un’organizzazione privata che fa profitti ed ha nel suo comitato direttivo numerosi investitori privati?
NewsGuard e le sue connessioni con ‘Council on Foreign Relation’, CIA, NSA e Knight Foundation
NewsGuard lavora a stretto contatto, per sua stessa ammissione, con i colossi nordamericani Facebook, Twitter e Google, andando ad alterare i loro algoritmi attraverso un “bollino di infamia” rosso o un lasciapassare verde a siti e testate giornalistiche. Quello che possiamo o non possiamo leggere durante la giornata lo decide in gran parte il “Green Pass” di NewsGuard.
I suoi due fondatori sono il giornalista Steven Brill e Gordon Crovitz, ex proprietario del giornale conservatore Wall Street Journal, nonché ex vice presidente di Dow Jones.
Tra i membri di NewsGuard figurano elementi chiaramente connessi con i gangli più intimi del potere statunitense, in particolare con l’onnipotente Council of Foreign Relations, di cui Crovitz ed altri componenti di Newsguard sono parte integrante, ma anche con la National Security Agency e con la CIA.
Così, nel silenzio generale, testate giornalistiche regolarmente registrate devono passare per il “bollino” dell’agenzia ideata dall’ex proprietario del Wall Street Journal.
Ma chi c’è dietro questa agenzia nordamericana a cui è stato concesso un potere così enorme? Una semplice ricerca sul sito italiano di NewsGuard consente di scoprire due dei “filantropi” che la finanziano e che destano una certa perplessità: la “Knight Foundation” e il colosso internazionale Publicis.
Riguardo alla Knight Foundation, un’inchiesta di Simon Galperin ha rivelato la presenza ricorrente ai loro eventi di quelli che l’autore descrive come “noti fascisti e suprematisti bianchi”, oltre alla “distribuzione di milioni di dollari a organizzazioni con legami con estremisti di destra come la Heritage Foundation e l’American Enterprise Institute”.
L’agenzia NewsGuard lavora inoltre a stretto contatto con la Commissione europea e con il gruppo mediatico Gedi della famiglia Agnelli Elkann.
Gli investitori Publicis Group e Qorvis
Altro grande investitore di NewsGuard è Publicis Group, il colosso franco-statunitense delle comunicazioni, terzo maggiore al mondo nel ramo pubblicitario.
In particolare Qorvis, la filiale statunitense di Publicis, è nota per aver firmato un accordo con il regime saudita nel 2020 con l’obiettivo palese di mascherare mediaticamente i crimini contro i diritti umani dei responsabili della carneficina umanitaria in corso in Yemen.
Più recentemente il giornalista Ken Klippenstein ha ottenuto documenti trapelati da Qorvis, che mostrano come la società abbia lavorato per mascherare anche il trattamento riservato ai “bambini stranieri non accompagnati” ad Homestead, in Florida.
NewsGuard in l’Italia e il condizionamento dell’informazione
Nato per filtrare l’informazione per browser, social e piattaforme digitali negli Stati Uniti, ben presto anche diversi paesi europei, Italia in primis, hanno scelto i “servigi” di questa agenzia statunitense. Tutto questo senza che nessun partito politico del nostro paese abbia avuto il coraggio di manifestare la minima obiezione contro quella che non è solo “un’interferenza”, ma un effettivo esercizio di potere sic et simpliciter.
Quello che più preoccupa è che un tale colosso della pubblicità e del digitale abbia voce in capitolo nel decidere quale contenuto possa essere filtrato e censurato in Italia. Se per avere buoni introiti pubblicitari occorre avere il “bollino verde”, pensiamo fino a che punto NewsGuard è in grado di condizionare l’informazione nei paesi che accettano questo abominio.
Le entrate di NewsGuard provengono da fornitori di servizi Internet, browser, motori di ricerca, social media, sistemi ospedalieri, agenzie pubblicitarie, enti e aziende che operano nei settori dell’istruzione e della ricerca che pagano per utilizzare le valutazioni e le schede informative di NewsGuard e i dati ad esse associati.
Browser, motori di ricerca e social media finanziano e utilizzano i bollini di NewsGuard per i loro algoritmi: sono loro che decidono cosa noi possiamo o non possiamo leggere durante la giornata.
Ma possiamo essere davvero sicuri che gli interessi degli investitori di NewsGuard non influenzino i giudizi dei suoi “recensori” per motivi che nulla c’entrano con la tutela della qualità dell’informazione? Questa attività non dovrebbe essere svolta preferibilmente da istituzioni terze e imparziali e non da aziende private che hanno interessi, appunto, privati?
Che titoli ha NewsGuard per giudicare l’affidabilità di un sito web d’informazione? Basta avere un team di giornalisti e “revisori” che si dichiarano indipendenti per esserlo davvero?
Loredana
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