
Forse ci siamo. Forse l’attuale civiltà umana è riuscita a scoprire autonomamente tracce di vita biologica su un pianeta fuori dal nostro Sistema Solare.
Viviamo tempi terribili e straordinari, in cui le scoperte scientifiche in ambito cosmico si susseguono a una velocità eccezionale. Basta ricordare che nel 1988 la “scienza” era convinta che non esistevano altri pianeti al di fuori del Sistema Solare: oggi invece, alla data del 18 aprile 2025, sono stati scoperti e confermati ben 7447 esopianeti.
I dati ricevuti recentemente dal telescopio spaziale James Webb della NASA dovranno essere confermati. Gli scienziati hanno trovato nuove ulteriori prove che un mondo lontano, in orbita attorno a un’altra stella lontana, possa ospitare vita biologica per come noi la conosciamo.
Un team dell’Università di Cambridge, che sta studiando l’atmosfera di un pianeta chiamato K2-18b, ha ottenuto quelli che definiscono “i segnali più forti finora ottenuti” di vita al di là del nostro Sistema solare. Nell’atmosfera di questo pianeta sono state rilevate le impronte chimiche di molecole che sulla Terra sono prodotti esclusivamente da processi biologici. Il team di ricercatori sottolinea che sono necessari più dati per confermare questi risultati.
“Sono comunque i primi indizi di un mondo lontano che potrebbe essere abitato”, dice l’astrofisico Nikku Madhusudhan dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Cambridge, autore principale dello studio pubblicato sull’Astrophysical Journal Letters. “Questa è la prova più forte. Posso realisticamente dire che possiamo confermare questo segnale entro uno o due anni”.
Il gruppo di Cambridge ha scoperto che l’atmosfera del pianeta in esame sembra contenere la firma chimica di almeno una delle due molecole associate alla vita: il dimetilsolfuro (DMS) e il dimetildisolfuro (DMDS). Sulla Terra, ad esempio, questi gas sono prodotti da fitoplancton marini (piccolissime alghe) e batteri.
Il professor Madhusudhan si è detto sorpreso da quanto gas sia stato apparentemente rilevato durante una singola finestra di osservazione. “La quantità che stimiamo di questo gas nell’atmosfera è migliaia di volte superiore a quella che abbiamo sulla Terra”, ha detto. “Quindi, se l’associazione con la vita è reale, allora questo pianeta brulicante di vita“, ha aggiunto.
Il professor Madhusudhan è andato oltre: “Se confermiamo che c’è vita su K2-18b, dovrebbe fondamentalmente confermare che la vita è molto comune nella galassia”. “Questo è un momento molto importante nella scienza, ma anche molto importante per noi come specie. Se c’è un esempio, e l’universo è infinito, c’è una possibilità per la vita su molti altri pianeti.”

Il pianeta K2-18b
Il pianeta che gli scienziati hanno catalogato come K2-18b è grande circa due volte e mezzo le dimensioni della Terra e si trova ad una distanza da noi di circa 124 anni luce, nella costellazione del Leone.
È stato scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler della Nasa, e orbita attorno alla sua stella nella “zona abitabile“, la fascia all’interno della quale l’acqua può trovarsi in fase liquida: l’ingrediente chiave per la vita.
La temperatura media stimata della sua superficie dovrebbe aggirarsi attorno a circa 10°C, ma per ora questo è un dato che possiamo solo ipotizzare.
La stella attorno alla quale orbita è una nana rossa, catalogata come K2-18, da cui prende appunto il nome: questa stella è più piccola e meno luminosa del nostro Sole.
Attualmente è stato scoperto un altro pianeta in questo sistema stellare, denominato k2-18c.
Le rilevazioni sono da confermare
Come accennato prima, anche se fosse confermata effettivamente la presenza di queste due molecole all’interno dell’atmosfera del pianeta, non sarà certamente la prova conclusiva dell’esistenza della vita su di esso, secondo la professoressa Catherine Heymans dell’Università di Edimburgo, che è indipendente dal team di ricerca.
“Anche con questa certezza, c’è ancora la questione di quale sia l’origine di questo gas”, ha dichiarato la Heymans. “Sulla Terra è prodotto da microrganismi nell’oceano, ma anche con dati perfetti non possiamo dire con certezza che questo è di origine biologica su un mondo alieno perché un sacco di strane cose accadono nell’Universo e non sappiamo quali altre attività geologiche potrebbero accadere su questo pianeta che potrebbe produrre le molecole”.
Questo punto di vista è quello con cui il team di Cambridge è d’accordo. Stanno lavorando con altri gruppi per vedere se DMS e DMDS possono essere prodotti attraverso reazioni non di origine biologica, in laboratorio.
“C’è ancora una probabilità dello 0,3% che potrebbe essere un colpo di fortuna”, ha detto il professor Madhusudhan.
Provare strumentalmente che la vita esiste su un altro pianeta è, se confermato, un passo epocale. “Quindi vogliamo essere davvero, davvero approfonditi e fare più osservazioni, per ottenere prove ad un livello tale che esista meno di una probabilità su un milione che sia stato un colpo di fortuna”. Prosegue l’astrofisico Madhusudhan “questo dovrebbe essere possibile forse in uno o due anni”.
Altri gruppi di ricerca hanno avanzato spiegazioni alternative, senza contemplare la presenza di vita, per i dati ottenuti da K2-18b. C’è anche un forte dibattito scientifico non solo sul fatto che DMS e DMDS siano presenti, ma anche sulla composizione del pianeta. La ragione per cui molti ricercatori deducono che il pianeta abbia un vasto oceano di acqua liquida è l’assenza di ammoniaca in forma gassosa nella sua atmosfera. La loro teoria è che l’ammoniaca venga assorbita da un enorme specchio d’acqua sottostante. Questo potrebbe anche essere spiegato dalla presenza un oceano di roccia fusa, che precluderebbe la vita, secondo il professor Oliver Shorttle dell’Università di Cambridge.
Tutto ciò che sappiamo sui pianeti in orbita attorno ad altre stelle proviene dalla minuscola quantità di luce che guardiamo uscire dalle loro atmosfere. Questo è un segnale incredibilmente tenue che dobbiamo leggere, non solo per i segni della vita, ma per tutto il resto.
Notizie e dati
Andrea Macchiarini
18 aprile 2025