Anomalie dell’esperienza
di Jerome Clark
[Nota: questa è una introduzione modificata dalla terza edizione di The UFO Encyclopedia di Jerome Clark: The Phenomenon from the Beginning (Omnigraphics, 2018), ristampata con autorizzazione].
Gli esseri umani di ogni epoca e di ogni parte del mondo hanno riferito di fenomeni straordinari, tipicamente etichettati (in modo esplicativo o dispregiativo) come “soprannaturali”. Sebbene i resoconti di esperienze che possono essere accostate a UFO risalgano ad almeno diversi secoli fa, gli incontri con entità soprannaturali sembrano intrinseci nella vita e nella storia dell’uomo. Il fenomeno non è limitato esclusivamente al passato pre-illuminista: si protrae fino al presente e sarà sicuramente rilevato in futuro dalle esperienze e dalle testimonianze presenti. Sebbene tali narrazioni siano spesso oggetto di scherno e trattate da molti come un tabù sociale, esse hanno una notevole persistenza.
Cosa hanno a che fare con gli UFO? La questione è entrata nel dibattito ufologico alla fine degli anni Sessanta. La prima trattazione seria sull’argomento la troviamo nel libro di Jacques Vallée, Passaporto per Magonia (Passport to Magonia, 1969), il quale sostiene che gli UFO, lungi dall’essere veicoli spaziali extraterrestri, non sono altro che la manifestazione contemporanea della tradizionale venerazione di esseri ultraterreni variamente identificati, prevalentemente legata alla credenza, presente in tutto il mondo, relativa alle fate ed altre entità affini. Basandosi sui classici studi folcloristici del reverendo Robert Kirk, di Edwin S. Hartland e di W. Y. Evans-Wentz, Vallée ha individuato dei parallelismi tra i racconti di persone che hanno interagito con le fate – testimonianze alquanto numerose riportate in presunti resoconti di prima mano – e altri ipotetici incontri con umanoidi legati agli UFO. Vallée ritiene che si tratti di esperienze reali in forma ingannevole. I fenomeni si adattano all’esperienza che una cultura ha del mondo ultraterreno: fate e divinità in alcune società, sofisticati dispositivi tecnologici e alieni in abiti spaziali in altre. L’insistenza di Vallée sul fatto che l’ipotesi extraterrestre (ETH), fino ad allora popolare, si fosse dimostrata ingenua e provinciale, ha scatenato decenni di dibattiti all’interno del campo, soprattutto dopo l’arrivo dell’esuberante autore e polemista John A. Keel, i cui prolifici contributi, prima sulla rivista inglese Flying Saucer Review, poi in libri molto letti come The Mothman Prophecies (1975), hanno portato l’ipotesi in una direzione più oscura. Per Keel le intelligenze soprannaturali, tra quelle ritenute invasori UFO, sono in realtà “ultraterrestri” demoniaci e mutaforma che condividono la terra con noi, ma a un livello leggermente diverso del regno eterico. Gli ultraterrestri manipolano e terrorizzano gli esseri umani. Keel era ancora più ostile all’ipotesi extraterrestre e ai suoi sostenitori di Vallée.
Dopo essere caduta in disgrazia negli anni ’70 e in gran parte degli anni ’80, l’ipotesi extraterrestre ha subito una sorta di rinascita grazie all’attenzione di alcuni ufologi verso dei casi che riportavano prove concrete suggerendo che questo tipo di eventi, primi responsabili dell’ascesa dell’ufologia, erano attribuibili in maniera più plausibile a cause tecnologiche che a cause paranormali. Nel frattempo per alcuni il fenomeno delle abduction e le affermazioni sugli incidenti/ritrovamenti come l’ufo crash di Roswell sembravano implicare l’attività di intelligenze extrasolari.
Inspiegabile o inesplicabile?
In una conferenza tenuta nel 2008 a Boulder, in Colorado, alla Society for Scientific Exploration, in occasione del conferimento del Tim Dinsdale Award per la ricerca sulle anomalie, mi sono chiesto se il dibattito non nasca da un fraintendimento fondamentale dei temi in questione. In libri, saggi e recensioni successivi, ho approfondito quelle che ritengo essere le confusioni generate dall’incapacità di discernere la differenza tra “anomalie di eventi”, come le chiamo io, e “anomalie di esperienze”.
A mio avviso, le prime sono semplicemente inspiegabili, mentre le seconde sono effettivamente inesplicabili. Le anomalie degli eventi, per quanto sorprendenti e insolite, richiedono una particolare attenzione scientifica per essere adeguatamente comprese e documentate. Possono essere incorporate nelle conoscenze attuali o in quelle future che si sviluppano naturalmente dalle prime. In questo senso l’ipotesi extraterrestre, comunque lo si voglia definire, è coerente con il concetto astronomico, più che rispettabile e largamente condiviso, sulla probabilità che la Via Lattea ospiti miliardi di pianeti simili alla Terra, molti dei quali potrebbero ospitare vita intelligente. In altre parole, l’ipotesi extraterrestre è una domanda che può essere oggetto di ricerca e che fornisce un insieme di prove (sotto forma di tracce fisiche, tracciati strumentali, testimonianze multiple e indipendenti) la cui rilevanza può essere determinata in laboratorio, sul campo e da autorità formate nelle discipline pertinenti.
Vi è motivo di concludere che gli UFO, così come sono stati concepiti a partire dal 1947, sono un fenomeno oggettivo percepito a prescindere dalla moderna concezione dei dischi volanti. Portiamo, a titolo esemplificativo, questo resoconto tratto da un giornale del nord dello Stato di New York (Gouverneur Free Press, 7 dicembre 1887), dove un uomo riporta di aver visto qualcosa. Il racconto potrebbe sembrare dei nostri giorni:
“Potrei forse interessare alcuni dei vostri lettori se raccontassi di uno strano fenomeno che ho visto al tramonto del 24 ottobre. Ero seduto alla finestra e guardavo verso est, osservando le nuvole che si alzavano da ovest, regalandoci un tramonto limpido. A sud la foresta scintillava e luccicava, come se fosse rivestita di quello che a me sembrava argento scintillante; ho cominciato a guardarmi intorno per cercare la causa; e provenendo da nord, c’era… cosa? Posso solo descriverlo così: a circa metà strada tra il cielo e la terra, e in rapida successione, c’erano quelle che sembravano sfere d’argento rotonde, che mi ricordavano monete d’argento di tutti i tagli, luminose e scintillanti, che rotolavano e sfrecciavano nell’aria verso est e infine sparivano oltre lo strato inferiore delle nuvole. In quel momento prevalevano due venti. Lo strato superiore di nubi che andava verso est, quello inferiore verso ovest, e questo cespuglio di palline scintillanti, al di sotto delle nubi inferiori, anch’esso verso est. Questo grandioso fenomeno è stato visibile per circa 4 minuti ed è stato visto da diverse persone qui in città. Qualcuno può dirmi, in base alla mia descrizione, di cosa si trattava e quale ne era la causa? La giornata era stata buia e tetra. G.”
Quello che il corrispondente descrive è ciò che potrebbe essere definito il fenomeno UFO per eccellenza, registrato in innumerevoli rapporti di avvistamento in tutto il mondo: oggetti strutturati, apparentemente metallici, in grado di muoversi rapidamente e di eseguire manovre straordinarie. Nei decenni successivi tali fenomeni si sarebbero manifestati con tracce al suolo, radar/immagini, arresti di veicoli e altri indicatori di una tecnologia straordinaria.
Nei due decenni successivi al fondamentale avvistamento di Kenneth Arnold del giugno 1947, tuttavia, alcune segnalazioni di UFO si sono evolute in dichiarazioni difficilmente riconoscibili dagli ufologi di prima generazione. Sebbene le persone che sostengono di aver vissuto esperienze personali fantastiche spesso non sembrano meno sane e sincere di altri testimoni, i loro racconti sembrano mettere in discussione l’ipotesi extraterrestre, pur offrendo ben poco in termini di validità se non una vivida testimonianza. Tuttavia non è stata dimostrata in modo credibile la presenza di malattie mentali o altre anomalie psicologiche alla base di tali esperienze.
Sostengo che le “anomalie di una stranezza inusitata” ci costringono a rifiutare il pensiero binario (o l’uno o l’altro) e ad abbracciare la nozione di liminalità, in cui è possibile entrare in un regno “tra la luce diurna della scienza e della ragione e la notte scura dei sogni e della superstizione”. L’incontro con un’anomalia non significa che “l’anomalia continua a vivere nel mondo dopo aver occupato per breve tempo la vostra visione e avervi spaventato a morte. Possiamo sperimentare cose incredibili, ma paradossalmente ciò può significare solo che possono essere sperimentate”. Possiamo trovare tali esperienze nella percezione, nella memoria, nella testimonianza, più raramente in presunte prove fisiche poco convincenti. Ciò che separa le anomalie dell’esperienza dai sogni e dalle allucinazioni normalmente intesi è che spesso sono condivise da più di una persona alla volta.
Nel loro modo di trascendere i confini, che con tanta compiacenza diamo per scontati tanto da non averci forse mai nemmeno pensato, fenomeni straordinari dalle caratteristiche più disparate (fate, mostri, messaggeri divini, rapimenti alieni) sono sia “qui” che “là”, sia immaginati che reali, falsi e veri. La bufala o la finzione innocente di qualcuno può essere l’incontro vivido di qualcun altro, così intenso da essere indistinguibile da qualcosa nella realtà in cui l’evento si manifesta. La tendenza di testimoni, ricercatori comprensivi e critici scettici a prendere alla lettera le varie testimonianze ha dato vita a secoli di dibattiti basati su due estremi inconciliabili di interpretazione: (1) entità straordinarie sono presenti nel mondo e sono osservabili e (2) non sono presenti ergo non sono osservabili.
Le anomalie dell’esperienza vengono accomunate, in una sorta di relazione parassitaria, con popolari fenomeni insoliti e stranezze generalmente rifiutate come gli UFO. Il sociologo James McClenon, ad esempio, ha scritto nel suo libro del 1984 Scienza Deviata: il caso della Parapsicologia (Deviant Science: The Case of Parapsychology): “Un effetto che si verifica durante una tempesta elettrica verrebbe definito “fulmine a palla”. Altri casi formalmente identici, ma che si verificano in circostanze diverse, verrebbero chiamati UFO, luci psichiche o fuochi fatui”.
Esaminando una serie di storie correlate provenienti dal Texas durante l’ondata di avvistamenti di dirigibili del 1897, ho notato il confuso nesso di bufale e testimonianze sincere ma non meno fantastiche. Le anomalie dell’esperienza sono indifferenti al nostro concetto ristretto di narrazione della verità. Supportano altrettanto prontamente quelle false. La bugia o la speculazione oziosa di una persona può essere la realtà vissuta di un’altra, anche se temporanea e illusoria.
Già nel 1969 Vallée aveva riconosciuto un legame tra l’esperienza delle fate e quella degli alieni. Le esperienze, tuttavia, non sono identiche. Ogni categoria ha le sue caratteristiche distinte. Allo stesso tempo, ognuna di esse occupa uno spazio culturale in cui è possibile vedere, incontrare o interagire con entità ultraterrene. Per coloro che ritengono discutibile la nozione di esseri ultraterreni (se non come ipotetiche forme di vita, come nelle speculazioni degli astrobiologi che li collocano in sistemi solari troppo distanti dalla Terra perché gli esseri umani debbano preoccuparsi della loro vicinanza), tali esseri forniscono foraggio per i folkloristi e ridicolo per quelle anime sciocche che pensano essere qualcosa di più.
Il primo grande studioso delle tradizioni delle fate scozzesi, il reverendo Robert Kirk (1644-1692), si basò sulle testimonianze dei suoi parrocchiani e di altre persone del luogo nel suo libro Il Commonwealth Segreto (The Secret Commonwealth). Egli riteneva che il regno delle fate fosse reale e per lo più invisibile – noi lo chiameremmo un universo parallelo – e che sovrastasse il paesaggio convenzionale. Si può entrare o uscire da grotte, colline, montagne e altri elementi naturali in cui le fate conducono le loro faccende. Quando gli esseri umani le incontrano, di solito è al crepuscolo o all’alba – perfette metafore, si potrebbe notare, dello spazio liminare (di soglia).
Gli storici delle antiche leggende, in seguito chiamati folkloristi, dapprima ipotizzarono che le credenze sulle fate fossero reliquie di un passato superstizioso in via di estinzione (o scomparso), ma avrebbero appreso non solo che la tradizione resisteva tenacemente, ma che l’esperienza diretta sosteneva quella tradizione. Soltanto Kirk e, all’inizio del XX secolo, Walter Evans-Wentz (1878-1965) si dichiararono convinti che le fate esistessero davvero in qualche forma. La maggior parte di coloro che raccoglievano fiabe orali (virtualmente sinonimo di fantasia o mendacità) trattava le testimonianze in prima persona con la stessa distanza scettica delle leggende che registravano. Si limitavano ad annotarle e a lasciarle perdere, come se fossero troppo palesemente fantasiose per meritare una discussione o una spiegazione.
Nel secolo attuale, in mezzo a una rinascita dell’interesse degli studiosi per la fiaba, i commentatori hanno adottato una visione più aperta o ironica: “Dovrebbe essere possibile credere ai propri informatori senza credere alle loro spiegazioni”, secondo una formulazione di Lizanne Henderson e Edward J. Cowan in Scottish Fairy Belief (2001). In un’altra di Pollyanna Jones in Magical Folk (2018): “Le fate possono o meno abitare nel Worcestershire, ma non c’è dubbio che la gente le veda ancora”. Un tempo accettati alla lettera o respinti del tutto, gli incontri con le fate sono ora diventati anomalie dell’esperienza.
Come ho sottolineato nel mio articolo del 2018: “Nulla nelle conoscenze attuali spiega come ciò avvenga. Io indico semplicemente un processo, un modo per capire come cose fantastiche allo stesso tempo accadano e non accadano… Le cose che non possono essere possono esistere se non insistiamo nel considerarle eventi. Sono pseudo-eventi, l’immaginario fantastico prende brevemente dimora tra noi prima di svanire per rimodellarsi altrove in forme appropriate al tempo, al luogo, alla cultura”.
Traduzione a cura di
Francesca Fofi
5 dicembre 2024
Tradotto da: CUFOS, Center for UFO Studies – “Experience anomalies by Jerome Clark”