Facendo seguito a questo articolo di circa un mese fa, dove si è cercato di spiegare come le previsioni sulle conseguenze dirette per il nostro pianeta Terra derivanti dalle attività solari siano molto difficili da fare, siamo qui a spiegare e riportare un accadimento di questi giorni che riguarda lo stesso argomento: l’ancora grande incertezza delle previsioni riguardo alle conseguenze delle attività solari.
Riassumento brevemente: era il 28 giugno 2024 quando il Centro per le Previsioni del Meteo Spaziale (Space Weather Prediction Center), un centro specifico facente parte della più grande “National Oceanic and Atmospheric Administration” statunitense, conseguentemente all’arrivo di una espulsione di massa coronale dal Sole fece una previsione dell’intensità della relativa tempesta geomagnetica, prevista di tipo G1 quindi di tipo “minore”.
Quel giorno invece, in base alle rilevazioni strumentali, la tempesta geomagnetica fu di classe G4, di tipo “grave”; una bella differenza nel quantitativo di particelle solari (o energia, che dir si voglia) che dal Sole si sono distaccate arrivando fino a coinvolgere il campo magnetico e l’atmosfera del nostro pianeta.
Sia l’avviso di allerta, sia il grafico dell’indice K planetario (Kp) relativo alla media delle variazioni nei magnetormetri dislocati nelle rispettive stazioni di monitoraggio nel mondo, sia un breve resoconto dello svolgimento degli eventi sono disponibili a questa pagina.
In questi giorni, invece, si è verificato il caso opposto.
Riassumendo in breve, nell’arco di circa 24 ore a partire dal 27 luglio 2024 ci sono stati diversi brillamenti solari, tra cui un M4.4, M 3.5, M7.8, M7.9 e M9.9 dalle regioni attive 3762, 3764 e 3766 (per non parlare dei brillamenti classe X10 e X1 ma verificatisi dall’altro lato del Sole). Questi eventi hanno generato almeno quattro espulsioni di massa coronale, in viaggio nello spazio direttamente verso la Terra.
In quei giorni c’era anche la probabilità che il nostro pianteta fosse coinvolto in maniera marginale dalle altre emissioni di energia da parte della nostra stella.
Riportiamo di seguito parte del grafico delle emissioni di energia dal Sole per la lunghezza d’onda dei raggi X (brillamenti solari) del 27 e 28 luglio 2024.
Data la presenza di tutte queste espulsioni di massa coronale verso lo spazio, più precisamente in direzione della Terra, e data la maggiore potenza di emissione dell’ultima CME, gli studiosi statunitensi del NOAA hanno ipotizzato la possibilità che quest’ultima CME di classe M9.9 (data la sua maggiore velocità) avesse potuto riunire le altre “ondate” di energia solare che percorrevano la stessa sua traiettoria in un’unico fronte d’impatto da parte delle particelle solari con il campo magnetico e l’atmosfera del nostro pianeta.
Questo fenomeno di unione da parte di una espulsione di massa coronale (CME) più potente e veloce con altre CME più deboli e meno veloci, si è già verificato più volte in passato ed è stato la causa della tempesta geomagnetica classe G5 che nella notte tra l’11 e il 12 maggio 2024 ha reso possibile vedere l’aurora boreale sin dall’Italia. E’ stato chiamato dai ricercatori con il nome di espulsione di massa coronale cannibale (cannibal CME).
Ebbene a partire dal pomeriggio di martedì 30 luglio 2024 fino a tutta la giornata di mercoledì 31 luglio 2024 la perturbazione del campo magnetico terrestre non ha superato un indice Kp di 5, vale a dire che la tempesta geomagnetica che si è verificata è stata “minore”, di classe G1.
Fino a poche ore prima i modelli previsionali del Centro per le Previsioni del Meteo Spaziale statunitense davano per le ore 19:00 italiane del 30 luglio 2024 l’arrivo del picco di intensità delle ondate di particelle solari provenienti dalla nostra stella. Qui di seguito riportiamo questo modello previsionale.
Come mai non si è verificata la tempesta geomagnetica?
In base a quello che si può vedere dal grafico sopra, sopratutto nelle giornate del 30 e 31 luglio 2024, l’indice di disturbo del campo geomagnetico Kp non ha superato quota 5: questo equivale a dire che la tempesta geomagnetica che effettivamente ha coinvolto il nostro pianeta non è stata più forte di G1.
E tutta quell’energia che avrebbe dovuto causare una tempesta classe G3 ? Dove è andata?
L’unica risposta plausibile è che probabilmente le CME hanno superato la Terra senza colpirla.
Ci tengo a precisare che queste considerazioni non sono volte ad accusare o criticare proprio nessuno, sia istituzioni che persone: questo articolo è esclusivamente volto a mettere in evidenza la tangibile imprevedibilità degli effetti reali causati dalle attività del Sole al pianeta Terra e quindi alla nostra società, ad oggi.
Infatti è stato chiamato proprio di “meteo spaziale” (space weather): l’attività del Sole è molto difficile da monitorare, e le previsioni sono ancora più complicate.
Uno dei motivi principali è che non abbiamo tantissimi satelliti dedicati: del monitoraggio specifico della stella Sole se ne occupano principalmente il telescopio spaziale Solar Dynamic Observatory (SDO), posizionato in orbita vicino alla Terra, il satellite Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), posizionato tra la Terra ed il Sole nel punto di equilibrio gravitazionale L1 (punto di Lagrange), il satellite STEREO A e alcuni satelliti GOES (Geostationary Operational Environmental Satellite) in orbita geostazionaria attorno alla Terra.
Su altri siti internet di divulgazione scientifica è stato avanzato il paragone che, in base alle risorse ed agli strumenti oggi in uso, eseguire delle previsioni sulle attività solari “è come cercare di fare le previsioni meteorologiche con solo due o tre stazioni meteo dislocate nel giardino di casa e in piazza del paese“.
La frammentazione delle potenziali risorse dell’umanità della Terra
Se poi aggiungiamo il fatto che le nazioni del pianeta Terra sono spesso in lotta e in competizione tra loro, sopratutto le nazioni più ricche e sviluppate tecnologicamente, possiamo osservare una palese frammentazione delle potenziali risorse dell’umanità della Terra.
Ad esempio i dati che a oggi sono facilmente reperibili sul web riguardanti le attività solari provengono da centri e satelliti appartenenti al blocco NATO Stati Uniti/Europa.
A causa della strisciante e purtroppo sempre di meno “guerra fredda” tra le super potenze mondiali (Stati Uniti, Russia e Cina) e a cascata tra le nazioni a loro alleate, non vi è nessuna collaborazione scientifica ad esempio tra questi tre blocchi.
Di satelliti in orbita invece che 3-4 dedicati alle attività solari potevano essercene 10-12 e magari studiando la nostra stella da più vicino e tramite scienziati provenienti da diverse nazioni e con diverse e variegate preparazioni culturali, si sarebbero potute imparare e conoscere molte più informazioni sulla natura, sulle dinamiche e sul funzionamento interno del nostro Sole.
Il Sole, una stella, è la fonte di tutta l’energia che scalda e illumina tutto il Sistema solare o stellare: magari studiando questo a fondo questo si potrebbero risolvere i problemi di sostenibilità degli approvvigionamenti energetici di cui la nostra società ha sempre più bisogno. Sempre che riesca a sopravvivere a se stessa, viste le minaccie nucleari che quotidianamente le superpotenze mondiali si scambiano.
Ci tengo a portare in evidenza che ad oggi la maggior parte delle cause dei fenomeni solari è per l’umanità della Terra sconosciuta; sono continuamente avanzate delle ipotesi ma del tutto da verificare. La prima di questi fenomeni ancora non compresi è da dove nascano e da cosa vengano originati i potentissimi campi magnetici solari, alla base di tutti i fenomeni improvvisi e violenti che coinvolgono la Terra.
Un esempio della frammentazione delle risorse scientifiche dell’umanità della Terra è la posizione nel mondo delle stazioni di rilevazione dell’indice geomagnetico K. Basta osservare la mappa della loro dislocazione (ripubblicata alla fine di questo articolo) per capire che sono presenti solo in una piccola parte rispetto alla totalità del globo terrestre: 11 stazioni appartenenti solo alle zone geografiche degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Australia. Questo salta subito all’occhio. E il calcolo della media dei loro valori è fondamentale per misurare l’indice di interferenza geomagnetica che le attività solari hanno sul campo magnetico terrestre: l’indice K planetario, su cui poi viene basata la scala G1-G5 della potenza delle tempeste geomagnetiche.
Notizie, dati e considerazioni
Andrea Macchiarini
02 Agosto 2024
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