Il 25 giugno 2024, alle ore 5:00 UT (tempo universale), ovvero alle 07:00 del mattino circa in Italia, i satelliti che monitorano l’attività superficiale della nostra stella hanno visto che una parte di un enorme filamento di plasma solare, lungo quasi la metà del disco solare, si è improvvisamente distaccata, lanciandosi nello lo spazio: era avvenuta una espulsione di massa coronale (CME).
A questo link è possibile vedere la sequenza del distacco del filamento di plasma solare.
Invece a questo link è possibile vedere l’espulsione di plasma solare che si lancia verso lo spazio interplanetario.
Anche se questo è un fenomeno ben noto ad astronomi e ricercatori del settore, cogliamo l’occasione per puntualizzare il fatto che una espulsione di massa coronale, più o meno potente, non per forza viene originata da una zona attiva di macchie solari, ma può generarsi anche in loro assenza: sono i potenti e complessi campi magnetici solari che sono gli artefici di queste violente espulsioni di plasma solare, un vero e proprio piccolo pezzo della materia (materia-energia) che compone il Sole.
Un filamento di plasma solare, anche di ragguardevoli dimensioni (rispetto al nostro pianeta) può distaccarsi dalla superficie solare improvvisamente e senza alcun preavviso, come è già accaduto.

Inizialmente il centro statunitense per le previsioni del meteo spaziale diramò pubblicamente un avviso per una tempesta geomagnetica minore (G1) a seguito dell’interazione tra il plasma solare espulso dal filamento e del campo magnetico del nostro pianeta. L’arrivo della materia proveniente dalla nostra stella venne previsto per il 28 giugno 2024.


Ciò che avvenne la mattina di venerdì 28 giugno 2024 alle ore 12:00 italiane è che la quantità di energia arrivata era molto di più di quella inizialmente prevista. Anche se per la durata di poche ore, la tempesta geomagnetica in atto è stata innalzata alla classe G4, severa.
Anche il bollettino di valutazione della CME realizzato dall’agenzia NASA al momento del distacco del filamento solare non è stato in grado di prevedere con precisione la quantità di energia rilasciata.
A livello planetario, per misurare quanto sia forte una tempesta geomagnetica solare si utilizza l’indice K planetario (Kp).
Questo indice indica l’attività geomagnetica globale e si basa su misurazioni con un intervallo di 3 ore da parte di magnetometri terrestri posti in varie parti del mondo. Ogni stazione è calibrata in base alla propria distanza dall’equatore terrestre (latitudine) e segnala un certo indice K in base all’attività geomagnetica misurata alla posizione del magnetometro. L’indice K è un indice locale, misurato lungo tre ore dell’attività geomagnetica in base alla posizione e all’orario dati, in confronto alla curva di un giorno calmo.
Un magnetometro misura la deviazione massima della componente orizzontale del campo magnetico in base alla sua posizione e segnala questo. L’indice Kp globale è poi determinato con un calcolo che mette insieme i vari valori K locali rilevati da ogni stazione. I valori dell’indice Kp possono variare in una scala che va da 0 a 9, dove un valore di 0 significa che c’è un’attività geomagnetica molto ridotta e un valore di 9 significa una tempesta geomagnetica estrema.

Ora queste considerazioni non sono assolutamente volte a muovere nessuna critica verso le attività di previsione delle attività solari o verso il grado di incertezza delle valutazioni.
Basandoci su un evento accaduto recentemente semplicemente si è voluto spiegare e mettere in evidenza che le attività solari improvvise sono ad oggi quasi impossibili da prevedere e anche difficili da valutare in anticipo. Attività che sono in grado di coinvolgere nello stesso momento potenzialmente tutte le zone del mondo, su scala planetaria.
Notizie e dati raccolti da
Andrea Macchiarini
09 Luglio 2024
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