Appunti di un giovane studente:
Gino Bartali il più famoso dei ciclisti italiani, eroe in bicicletta come nella vita. Il “Ginettaccio” toscano, così lo chiamavano gli amici per il suo carattere un po’ scontroso, già a 23 anni era noto alle cronache per la sua vittoria al Giro d’Italia nel 1937. Durante la Resistenza, aiutò ebrei e antifascisti a scampare all’incubo della deportazione. Nascondendo documenti falsi nel tubo della sua bicicletta, riuscì a salvare oltre 800 vite. Gesta eroiche e generose, rimaste segrete per molti anni perché, come lui stesso diceva, “il bene si fa ma non si dice”.
Bartali, che per allenarsi era noto per coprire grandi distanze, trasportava documenti falsi nel manubrio e nella sella della sua bicicletta, e poi li consegnava alle famiglie dei perseguitati tra Firenze e Assisi. Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, giustificandosi dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità. Sono diverse le testimonianze dell’opera di salvataggio di Bartali. Prima tra tutte quella di Giulia Donati, una donna fiorentina che dal 1974 vive in Israele, a cui Gino consegnò personalmente i documenti falsificati che salvarono tutta la sua famiglia.
![](https://dalcieloallaterra.com/wp-content/uploads/2024/04/bartali.jpg)
Un altro testimone, Renzo Ventura, ha dichiarato che, durante l’occupazione nazista, sua madre Marcella Frankenthal Ventura aveva ricevuto documenti falsi dalle mani di Bartali, portati loro dal ciclista per conto della rete di Dalla Costa. Nel 2006 il Presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli conferì la medaglia d´oro al merito civile per avere contribuito al salvataggio di «circa 800 cittadini ebrei». Un primo dossier relativo alle attività di Bartali in favore degli ebrei fu consegnato allo Yad Vashem nel 2006, con lo scopo di avviare la procedura di riconoscimento di Giusto tra le nazioni. Il plico conteneva la testimonianza della vedova di Bartali, secondo la quale il marito aveva collaborato con il cardinale Dalla Costa, e quella del figlio Andrea, per il quale il padre gli raccontò dettagliatamente i salvataggi compiuti. Lo Yad Vashem, tuttavia, rifiutò la richiesta per mancanza di prove.
Nel 2010 la psicologa Sara Funaro e Andrea Bartali cominciarono la ricerca di testimonianze dirette di queste operazioni. Già erano note le versioni di alcune suore del monastero di San Quirico di Assisi, incontrate da Riccardo Nencini (nipote di Gastone Nencini) e da Andrea Bartali stesso. La prima testimonianza fu quella di Giulia Donati, la cui famiglia ottenne dei documenti falsi da Bartali in persona, a cui si aggiunse quella di Renzo Ventura. In seguito si venne a sapere che Bartali, durante gli ultimi mesi dell’occupazione tedesca, diede ospitalità alla famiglia di ebrei istriani dei Goldenberg in una cantina di sua proprietà. La testimonianza di Giorgio Goldenberg si rivelò determinante e il 7 luglio 2013 Bartali venne dichiarato Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem. Nella motivazione, resa pubblica il 23 settembre, si legge:
«In seguito all’occupazione tedesca dell’Italia nel settembre 1943, Bartali, che era un corriere per la Resistenza, giocò un importante ruolo nel soccorso degli ebrei grazie ad una rete creata dal rabbino Nathan Cassuto a cui si unì Dalla Costa. Bartali, che era noto per coprire lunghe distanze con la sua bicicletta per motivi di allenamento, trasportò documenti falsi da un posto all’altro. La sua attività coprì una grande area. Distribuì anche documenti falsi creati dalla rete di Assisi, un’altra operazione di soccorso cominciata dai religiosi di quella città.»
Articolo a cura di Fercoli (13 Anni)
![](https://dalcieloallaterra.com/wp-content/uploads/2024/04/gino-bartali.jpg)