Eugenio Siragusa – Viaggio sulla Luna Nera

Cari amici, molte persone che conoscono l’opera del grande ambasciatore degli extraterrestri Eugenio Siragusa, hanno ascoltato un affascinante aneddoto che Eugenio stesso ha raccontato in varie occasioni. L’aneddoto riguarda il suo straordinario viaggio sulla cosiddetta “Luna Nera”, un piccolo satellite artificiale che è comandato dagli extraterrestri stanziati sul pianeta Mafa, che noi chiamiamo Venere. Questa Luna Nera orbita tra la Luna e Venere percorrendo una traiettoria a forma di 8, sebbene gli extraterrestri possano variare la sua orbita secondo le esigenze, governando i suoi movimenti come una vera e propria astronave.

Rappresentazione schematica del movimento orbitale del satellite artificiale denominato”Luna Nera”

La Luna Nera funge da base operativa per la Confederazione Interstellare, e la sua costruzione risale a migliaia di anni fa, al tempo in cui la leggendaria Atlantide venne distrutta. In origine, attorno al pianeta Terra orbitavano tre lune naturali; due di queste si sono schiantate sulla Terra in periodi diversi. La prima, denominata TIR, milioni di anni fa distrusse l’antico continente Mu; la seconda, talvolta chiamata Nibiru, distrusse Atlantide circa 12.500 anni fa. L’attuale Luna che vediamo oggi nel cielo è la più grande delle tre originarie: gli extraterrestri hanno costruito lì le loro Basi circa 175.000 anni fa, ovvero quando hanno iniziato a seguire assiduamente l’evoluzione dell’umanità terrestre.

Infatti, circa 200.000 anni fa, i Geni Solari provenienti da diversi sistemi stellari innestarono la loro genetica nelle quattro razze madri del pianeta Terra: la razza rossa, la razza bianca, quella nera e quella gialla, con valori spirituali diversi e complementari, affinché nel corso dei millenni potessero gradualmente unirsi in armonia, potessero fondere i loro valori e le loro prerogative per dare vita ad un’unica umanità dotata di tutte le qualità fisiche, psichiche e spirituali capaci di proiettare l’uomo verso le dimensioni superiori e capaci di albergare finalmente l’identità superiore, lo spirito solare, trovando ispirazione nell’opera degli stessi Geni Solari che si sono avvicendati sulla Terra nelle vesti dei grandi maestri d’Oriente e d’Occidente, che hanno guidato la storia del mondo ed hanno illuminato l’intelligenza dell’uomo con i loro eterni insegnamenti. Manu, Shiva, Tönpa Shenrab, il Vegliardo di Atlantide, Rama, Bharat, Krishna, i Nommo africani, Quetzalcóatl, Kukulkán, Viracocha, Akhenaton, gli dèi norreni ancestrali, i Katchina e la Donna-Bisonte-Bianco dei nativi d’America, i personaggi divinizzati del Giappone arcaico, della Cina e dell’Australia, Ermete Trismegisto, gli antichi eroi e semidei, Melchizedek, Zarathustra, Mosè, Enoch, Elia ed altri grandi patriarchi biblici, il Buddha Siddharta Shākyamuni e tutti i Buddha e i Bodhisattva, Dioniso, Orfeo, Pitagora, Platone, Diogene, Confucio, Maometto, Leonardo da Vinci, Giordano Bruno, i Mahatma himalayani Morya e Kuthumi, Cagliostro, Saint Germain, Anandamayi-Ma, Babaji, Absu Ismaily Swandy, Raspútin, Deunov e Aïvanhov, Yukteswar e Yogananda e tanti altri come loro, sono alcuni tra i più recenti e più celebri nomi dei Geni Solari che, insieme a innumerevoli collaboratori passati alla storia come santi e profeti, da cento milioni di anni accompagnano la crescita dell’umanità.
Questi Geni Solari 200.000 anni fa hanno innestato nell’umanità della Terra la genetica che sta giungendo a maturazione ai giorni nostri. Il più grande tra tutti, il padrone della vigna, il Maestro dei maestri Gesù Cristo, incarnato sulla Terra duemila anni fa all’inizio dell’ultimo mese cosmico, è il fulgido esempio supremo della razza ventura, l’esempio vivente di ciò che l’uomo può e deve diventare.

Rappresentazione artistica di un Elhoim o Genio Solare

Dopo la caduta della Luna Nibiru su Atlantide, quando la Luna di oggi rimase l’unico satellite naturale della Terra, si rese necessaria la realizzazione del satellite artificiale Luna Nera. Infatti, l’unica Luna rimasta, la Luna attuale, non è in grado di mantenere un’orbita costante e rischierebbe di precipitare a causa dell’attrazione gravitazionale del pianeta Terra. Perciò, affinché la nostra Luna possa mantenere la sua orbita, è stato realizzato il satellite artificiale “Luna Nera”, così chiamato perché fu progettato in modo da non riflettere la luce, se non in particolari e rarissime condizioni. La presenza di questo satellite artificiale è una delle ragioni per cui dalla Terra vediamo sempre la stessa faccia della Luna, sempre lo stesso emisfero, mantenendo occulto l’altro emisfero, “the dark side of the moon”, dove si trovano le principali e più imponenti Basi extraterrestri che devono restare nascoste agli abitanti della Terra.

Il satellite Luna Nera, che era già noto ad alcuni popoli antichi, fu individuato nel 1618 dall’astronomo gesuita Giovanni Battista Riccioli (1598-1671), che dedicò gran parte della vita all’osservazione e alla misurazione dei corpi celesti. Successivamente la Luna Nera fu identificata anche dallo scienziato Giovanni Domenico Cassini (1625-1712), e nella metà del 1700 venne individuata dall’astronomo J. L. Alischer, esperto di macchie solari. In seguito vi furono altri avvistamenti, e l’ultima rilevazione ufficiale risale al 1898, quando la Luna Nera fu riconosciuta dall’astronomo amburghese Georg Waltemath.

Tanto per capire che stiamo parlando di scienziati seri che non prendono lucciole per lanterne, ricordiamo che ad esempio Giovanni Battista Riccioli fu autore dei disegni lunari migliori dell’epoca. Egli spiegò il fenomeno della librazione, il movimento apparente della Luna, descrisse 600 macchie lunari e ne stabilì la nomenclatura: i nomi delle macchie solari ideati da Riccioli sono quelli adottati universalmente ancora ai nostri giorni. Riccioli intravide anche l’anello di Saturno e riconobbe in Mizar (nella costellazione dell’Orsa Maggiore) il primo esempio di stella doppia visuale. Realizzò meticolosi esperimenti che portarono alla prima misurazione precisa dell’accelerazione gravitazionale, e ne confermò le spiegazioni di Galileo Galilei. Sviluppò un dispositivo di livellamento per le misurazioni, ideò un metodo per misurare il diametro del Sole, e perfezionò il pendolo come strumento per il calcolo del tempo. A lui sono dedicati il cratere lunare Riccioli e l’asteroide 122632 Riccioli.

Giovanni Domenico Cassini, matematico, astronomo, ingegnere, medico e biologo, scoprì quattro satelliti di Saturno, la Divisione di Cassini negli anelli di Saturno, la Grande Macchia Rossa di Giove e la rotazione differenziale dell’atmosfera di Giove. Realizzò la grande mappa della Luna con le variazioni dell’orbita, elaborando la prima teoria moderna dei moti lunari. A lui sono dedicati il cratere lunare Cassini, il cratere marziano Cassini, la divisione di Cassini negli anelli di Saturno, la regione Cassini sul satellite di Saturno Giapeto, l’asteroide 24101 Cassini, e la famosa missione della sonda spaziale Cassini che ha esplorato Saturno e Titano.

Insomma stiamo parlando di scienziati seri, che hanno osservato scientificamente la Luna Nera di cui stiamo parlando. Si potrebbe anche supporre che a partire dal 1900 le osservazioni della Luna Nera non sono più state divulgate perché la comunità scientifica si è fatta via via sempre più restrittiva nei confronti di certe ricerche pionieristiche. Inoltre si può ipotizzare che a partire dal 1900 l’inquinamento luminoso è aumentato sempre più, rendendo difficile osservare un piccolo satellite dall’orbita inusuale, composto da un materiale che lo rende impercettibile all’occhio umano e a qualsiasi telescopio privo delle più moderne tecnologie.

Il matematico, astronomo, ingegnere, medico e biologo Giovanni Domenico Cassini (1625–1712)

Rifacendosi all’astronomo amburghese Georg Waltemath, nel 1918 il teosofo cabalista Sepharial fu il primo astrologo ad utilizzare nei suoi calcoli questo misterioso satellite, attribuendogli un moto uniforme di 3 gradi al giorno. Fu lui a dargli il nome di “Luna Nera” per la sua superficie scura e praticamente invisibile per la maggior parte del tempo; e fu sempre lui a rinominarlo Lilith, nome che ha dato origine a fraintendimenti che perdurano sino ad oggi. Il satellite artificiale Luna Nera di cui stiamo parlando, quello dove sono stati portati Eugenio Siragusa ed altri contattisti, non è da confondersi con la Luna Nera chiamata “Lilith”. Lilith in effetti non è un vero corpo celeste, bensì il punto in cui la Luna che vediamo nel cielo si trova alla massima distanza dalla Terra. Molti astrologi considerano importante tale punto. I cabalisti ebrei medievali identificavano Lilith con la prima compagna di Adamo; secondo tale tradizione, Lilith, non volendo obbedire al marito Adamo, fuggì dall’Eden e andò a vivere coi demòni. In effetti il nome Lilith corrisponde a un antichissimo demone mesopotamico risalente almeno al 3.000 a.C., e certi esoteristi associano Lilith ad elementi di diabolicità e perversione. Oggi rappresenta perlopiù l’espressione della passionalità e dell’erotismo.

Nel 1948 la Luna Nera fu nuovamente intercettata dagli astronomi, ma la notizia non è mai stata diffusa. In base alle analisi dell’epoca, è stato stimato che il “minuscolo pianeta” incrocia la traiettoria terrestre all’incirca ogni 200 giorni; ha un diametro di circa 3 km, e in relazione ai moti della Terra e della Luna la sua orbita si avvicina e si allontana in modo irregolare e non è prevedibile dai consueti sistemi di calcolo astronomico. Secondo le ricerche del professor Gustaf Arrhenius (1922-2019) dell’Università della California, questo corpo celeste si comporta diversamente da un corpo celeste naturale, infatti la sua orbita è erratica, e anche la sua velocità è variabile.

Schema rappresentativo del movimento orbitale della Luna Nera

Queste caratteristiche sono analoghe a quelle dell’asteroide 3554 Amun, che ha un diametro di circa 2 km e mezzo e la cui orbita interseca quella di Venere e del pianeta Terra. L’asteroide Amun, che prende il nome dalla divinità egizia Amon-Ra, fu scoperto il 4 marzo 1986 dall’astronoma Carolyn Jean Spellmann e dal marito Eugene Merle Shoemaker. I due coniugi sono maggiormente noti per la scoperta della famosa cometa Shoemaker-Levy 9, avvenuta il 25 marzo 1993 dall’osservatorio di Monte Palomar in California. È interessante notare che pochi decenni prima, a Monte Palomar si svolsero importanti congressi ufologici; a Monte Palomar aveva vissuto il grande contattista George Adamski, che proprio lì nel 1946 scattò la sua prima foto di un UFO.

Piccola parentesi degna di nota: il 25 marzo 1993, mentre veniva scoperta la cometa Shoemaker-Levy 9, l’ambasciatore degli extraterrestri Eugenio Siragusa compiva 79 anni, e fu proprio Eugenio a rivelare che le comete sono equiparabili a spermatozoi cosmici (zooidi cosmici) che i Geni Solari utilizzano per trasmettere informazioni genetiche nei sistemi solari di tutto l’universo. Eugenio affermò che i 21 frammenti della cometa Shoemaker-Levy che colpirono Giove tra il 16 e il 22 luglio 1994, avevano reso possibile la formazione di acqua e ossigeno sulle lune di Giove Io ed Europa; su queste due lune gli extraterrestri hanno preparato i luoghi di accoglienza per ospitare le persone che verranno tratte in salvo durante i prossimi sconvolgimenti dalla Terra; questo cosiddetto “rapimento salvifico” è annunciato da diverse fonti antiche, da millenni, inclusi alcuni testi sacri tra cui la Bibbia.

Potremmo parlare a lungo dei corpi celesti che orbitano nelle stesse zone della Luna Nera. Ad esempio nel 2002 è stato scoperto un quasi-satellite di Venere, chiamato Zoozve, che interseca anche l’orbita terrestre e di cui, date le caratteristiche, fu addirittura ipotizzata la natura artificiale. [Si dice quasi-satellite un asteroide che orbita attorno a un pianeta ma la cui gravitazione non è vincolata ad esso.] Inoltre nel 2012, durante il transito di Venere dinanzi al Sole, venne osservato un corpo celeste che ruotava attorno a Venere; questo avvistamento non fu mai spiegato ufficialmente e il filmato dell’oggetto (che all’epoca circolava nei maggiori canali social) è stato fatto sparire: oggi è letteralmente introvabile. Anzi, se qualche lettore possiede quel filmato, lo preghiamo di contattarci alla mail info@dalcieloallaterra.com

Concludiamo questa introduzione con la speranza che qualche ricercatore coraggioso possa presto dimostrare l’esistenza della Luna Nera con i moderni strumenti scientifici, e veniamo finalmente al viaggio di Eugenio Siragusa su questo misterioso satellite.


Fotografia del contattista italiano Eugenio Siragusa

Nel 1969 Eugenio Siragusa racconta per la prima volta la sua visita alla Luna Nera. Lo straordinario viaggio inizia con un messaggio telepatico (Eugenio comunicava abitualmente per via telepatica con gli extraterrestri). Eugenio viene esortato a recarsi il giorno seguente a Ragalna (a 10 minuti da Nicolosi) nell’area del Parco dell’Etna, per incontrare gli extraterrestri in una zona non lontana dai luoghi dei precedenti incontri. I dischi volanti con cui Eugenio ha avuto a che fare fino a quel momento, sono i cosiddetti “tracciatori magnetici” che misurano 12 metri di diametro; in questa occasione, per preparalo psicologicamente a ciò che avrebbe visto, gli extraterrestri lo informano che atterreranno con una grande astronave che misura circa 600 metri di lunghezza.

All’imbrunire del giorno stabilito, Eugenio si trova sul posto. L’astronave scende dal cielo e atterra in un’area desertica vicina. Quando Eugenio raggiunge l’astronave riesce a mantenere la calma e può ammirare i colori metallici dell’oggetto e il suo aspetto perfettamente liscio e uniforme. Ad un tratto, sulla parte laterale del cosmoaereo si crea un vuoto, un’apertura dalla quale emerge una sorta di scala che si estende fino a terra. In quel momento compare l’extraterrestre Hoara, uno scienziato biologo che Eugenio ha incontrato in altre occasioni, e che lo invita a salire a bordo.

Vista da vicino, l’astronave appare ancora più colossale e il suo aspetto è diverso, la forma è lenticolare ma è allungata e non esattamente discoidale; inoltre la colorazione appare fluida e sembra cambiare costantemente tonalità. Eugenio si rende conto che l’ingresso non è una porta vera e propria ma una sorta di temporanea dilatazione della materia di cui è composta la nave. Attraversando una specie di alone che varia dal giallo-azzurrognolo al verde smeraldo, Eugenio penetra nell’oggetto e percepisce una leggera vibrazione eterica. All’interno della nave gli dà il benvenuto il Comandante Woodok, “con un sorriso – dice Eugenio – con un’espressione angelica che ha tradotto tutto il loro amore fraterno e universale”.

Anche con Woodok Eugenio ha già vissuto diversi contatti, e qualche anno dopo, il 7 giugno 1975, Eugenio potrà addirittura registrare la sua voce, tramite un baracchino ricetrasmittente CB. In tale occasione, Eugenio, che aveva l’abilitazione da radioamatore, intorno alle ore 18 stava svolgendo il collaudo di un’antenna installata presso la sua abitazione di Nicolosi, paesino etneo in provincia di Catania. Insieme a lui c’erano alcuni amici e il tecnico radio. Mentre stavano provando la direzionale, all’improvviso iniziarono a ricevere la comunicazione di Woodok, il quale invitò Eugenio a registrare la conversazione per poi farla ascoltare a tutti. Quella sera, l’astronave sorvolò il vulcano Etna e poi si diresse verso casa di Eugenio, dov’erano presenti decine di testimoni. L’astronave si fermò sopra casa, e tutti i presenti osservarono con entusiasmo questa astronave bianca che sbalordì tutti emanando un’immensa pulsazione luminosa prima di scomparire. Più tardi, all’una di notte, Eugenio avrebbe incontrato personalmente gli extraterrestri per una riunione privata. La registrazione della voce di Woodok è ormai ben nota al pubblico: noi stessi dell’associazione DAL CIELO ALLA TERRA abbiamo migliorato l’audio e lo abbiamo divulgato nel nostro Canale YouTube. In quel momento Woodok, Comandante dell’astronave chiamata “Campana di Cristallo” (Crystal-Bell), si trovava a circa 470.000 km di distanza dalla Terra, presso una Base extraterrestre situata a 150.000 km dalla Luna. Durante la comunicazione, la sintonia della ricetrasmittente venne annullata e così tutte le persone collegate poterono ascoltare la voce del Comandante Woodok che interloquiva con Eugenio. Vi invitiamo a guardare il video che abbiamo pubblicato.

Ma torniamo al viaggio sulla Luna Nera.

Abbiamo detto che Eugenio si trova all’interno del grande cosmoaereo, è stato ricevuto dallo scienziato Hoara e viene accolto dal Comandante Woodok. La nave decolla immediatamente, ed Eugenio avverte appena una lieve pressione. Sono le ore 18.30 (l’orario è tratto dalla trascrizione di un’intervista rilasciata da Eugenio; altre fonti riferiscono che Eugenio stesso avrebbe dato come orario le 20.30 o le 23.30). Eugenio viene invitato ad accomodarsi su quella che definisce una “poltrona anatomica” di materiale plastico simile a cuoio. La poltrona, dotata di un confortevole poggiatesta a V, è in grado di adattarsi al peso, alla temperatura e alla conformazione fisica di chiunque vi si sieda; il sottile schienale permette il perfetto riposo della colonna vertebrale, lasciando completamente libera la cassa toracica.

Eugenio ha la possibilità di visitare alcuni reparti dell’astronave, dove spaziosi corridoi conducono nei vari scompartimenti. Alcuni reparti sono enormi laboratori spaziali. Eugenio vede anche degli ampi dormitori dotati di letti anatomici. Poi viene accompagnato in due settori fondamentali della nave: il compartimento di analisi e controllo di volo, e il compartimento dove si trovano i controllori di volo.

Nel primo vi sono dei grandi quadri cartografici, e pannelli luminosi che mostrano le linee magnetiche della Terra e dello spazio; vi sono anche degli schermi giganti dove si vedono le zone che la nave sta sorvolando, e le immagini possono essere avvicinate e allontanate a piacere. Molti pannelli sono dotati di ottiche così potenti da permettere di zoomare fin nei minimi dettagli le immagini del territorio sottostante.

Nel secondo compartimento, quello dove si trovano i controllori di volo, Eugenio rimane meravigliato da un dispositivo che per quell’epoca è pura fantascienza: si tratta di quello che Eugenio stesso definirà come “un televisore quadridimensionale o globulare”, che riceve e proietta immagini, incluse le scene dell’esterno e dell’interno della nave. Su questo monitor globulare Eugenio può vedere sé stesso all’interno della nave, come se venisse filmato in dire=a dalle telecamere di un’altra nave che si trova all’esterno, nello Spazio. Un’esperienza che all’epoca è davvero incredibile.

Dalla sua poltrona anatomica, Eugenio segue il volo sul monitor globulare. In pochi istanti vede la Terra allontanarsi fino a diventare piccola come un pallone da calcio. Alle ore 18.37 (o 20.37 o 23.37), dopo soli 7 minuti di viaggio, la nave arriva sulla Luna Nera.

Eugenio racconta che l’interno della Luna Nera è un’autentica città fluttuante; una città meravigliosa, da sogno. Dice: “Sulla Terra non abbiamo costruito una cosa simile nemmeno nei film di fantascienza”. Qui Eugenio vede un uomo con un distintivo al collo, è circondato da un gruppo di belle donne extraterrestri e lo saluta sventagliando un oggetto che Eugenio non riesce a definire. Eugenio non parla con lui, ma gli viene riferito che si tratta di un altro terrestre che arriva dalla Terra, un meccanico bolognese, un certo signor Galli, che avrebbe poi rivisto in Italia, a Bologna.

Rappresentazione di donna extraterrestre

Le donne extraterrestri salutano Eugenio, che di fronte alla loro bellezza rimane estasiato. Mentre contempla la meravigliosa visione, ogni tanto sente come un lieve suono di campanellini che proviene dal gruppo di donne, e si accorge che al suono dei campanellini le donne ridono divertite. Un extraterrestre gli spiega che quel suono proviene da un dispositivo, una sorta di collana che le donne extraterrestri indossano quando devono interagire con gli uomini della Terra. I maschi terrestri per la loro natura evolutiva, hanno un forte istinto erotico e restano facilmente ammaliati dalle bellezze femminili, e quando si tratta di femmine extraterrestri la cosa può diventare sconveniente. Infatti, le donne extraterrestri esprimono le qualità femminili al massimo grado di perfezione. L’armonia delle forme estetiche è amplificata dalla loro potente energia psichica. Il loro fascino carismatico e la soave generosità dei loro corpi, sono un connubio del tutto irresistibile per i malcapitati terrestri, i quali rimangono ipnotizzati da queste sublimi bellezze. Vi sono diverse testimonianze di contattisti che di fronte a tanta avvenenza si ritrovano letteralmente incantati e talvolta perdono quasi il lume della ragione. Quei campanellini appesi al collo delle donne sono in grado di percepire le variazioni emotive: quando gli animi si scaldano un po’ troppo, quando l’attrazione sta per diventare una vera e propria eccitazione, il suono avverte le donne prima che i maschietti terrestri si ritrovino in una situazione imbarazzante e comunque controproducente ai fini di una serena interazione.

Eugenio viene condotto in un grande salone a forma di ferro di cavallo che brilla come se fosse interamente rivestito con piastre argentate. Lungo la parete in alto vede una serie di nicchie di cristallo luminoso, al cui interno si trovano numerosi personaggi extraterrestri che stanno immobili ad occhi chiusi su delle sedie dotate di apparecchiature complesse; queste sedie dice Eugenio, ricordano “quelle che gli americani usano nella pena di morte”, cioè le sedie elettriche. Eugenio non riesce a capire, e si domanda se quelle persone siano decedute o chissà cos’altro. Il suo pensiero viene captato telepaticamente dall’extraterrestre che lo accompagna, il quale spiega: «Si tratta di fratelli in missione sul pianeta Terra. Per noi lo sdoppiamento controllato è come per voi il sogno. Possono spostarsi sulla Terra e ritornare. Sulla Terra stanno realizzando questo lavoro astrale sei milioni di esseri dello spazio. Gli è permesso rimanere [incarnati sulla Terra] per un periodo di ottant’anni, poi devono ritornare. La vita media di uno di noi è di circa 1.200 anni terrestri.»

Eugenio riceve anche molte informazioni riguardo alla Luna. Ad una sua domanda mentale sull’origine della Luna, gli viene risposto: «La Luna è, al contrario di quello che credono gli scienziati terrestri, tanto giovane quanto la Terra. La Terra, come la Luna e le altre due lune scomparse, nacquero insieme al sistema solare dall’esplosione di una supernova. Gli altri satelliti precipitarono in epoche diverse sulla Terra, distruggendo i continenti Mu e Atlantide. La Luna è abitata da 175.000 anni, dal tempo in cui la Confederazione Interstellare mise lì le sue prime Basi. Non è consigliabile abitare sulla superficie lunare, perché il nucleo centrale igneo-cosmico del satellite è in continua contrazione, con conseguente perdita di massa. I crateri lunari non sono dovuti alla caduta o all’impatto dei meteoriti, bensì al vuoto che provoca la perdita della massa della superficie, causandone improvvisi cedimenti. Inoltre, la superficie della Luna è sottomessa a tremendi rantoli dovuti all’influenza degli oceani terrestri.»

Eugenio dirà che “Gli scienziati russi vollero rivelare i segreti della Luna tentando di atterrare sul lato oscuro, e per questo i cosmonauti perdettero la vita. Ho ricevuto personalmente un messaggio degli extraterrestri su questo. Mi hanno detto che i cosmonauti russi sarebbero morti e i loro corpi sarebbero stati restituiti alla Terra, e così è stato.”

Una parte del messaggio Dal Cielo alla Terra ricevuto da Eugenio Siragusa il 20 marzo 1965

Durante il colloquio Eugenio si trova in un’enorme sala; il soffitto è illuminato da una luce arancione, ma non vi sono lampadari, lampadine o altre fonti di luce visibili. Secondo Eugenio, questa sala poteva essere grande venti volte Piazza del Popolo di Roma. Piazza del Popolo misura 16.000 m2 e può ospitare fino a 65.000 persone; quindi l’enorme hangar doveva misurare più di 300.000 m2 per una capienza di oltre un milione di persone.

Mentre cammina con i piloti che lo accompagnano, Eugenio vede che in questo spazio immenso stazionano decine di dischi volanti di tutte le dimensioni, e intorno ad essi vi sono uomini vestiti con tute di vari colori che lavorano in un continuo andirivieni.

Ecco il racconto di Eugenio:

«Nel frattempo arrivammo vicino ad una delle parete della sala e, senza che si delineassero porte, un marziano di nome Règga passò la sua mano su di un punto verde a forma di bottone, e nella parete si aprì una porta. Passammo oltre, e la parete ridiventò liscia, uniforme. Ci avviammo in un corridoio illuminato anch’esso dal soffitto e giungemmo in una sala quadrata di circa 15 metri di lato. Al centro vi era un tavolo rotondo con dodici sedie attorno, otto delle quali erano occupate da altrettanti uomini vestiti con tute diverse e simboli diversi. Si alzarono e mi furono presentati come rappresentanti di otto dei dodici pianeti di “Patras”, facenti parte perciò del nostro sistema solare. I loro nomi non mi furono detti, ma tutti ed otto mi strinsero la mano nelle loro, che erano tridimensionali, fisiche, in carne ed ossa come le mie. Dopo il saluto, Règga mi condusse in uno dei dodici stanzini che si aprivano nella parete e mi disse di spogliarmi. Rimase meravigliato dal fatto che io mi vergognassi di lui; allora mi disse tutto quello che avrei dovuto fare ed uscì. Rimasi solo; mi spogliai e subito dopo dal soffitto scaturì come un fascio di luce che mi investì dalla testa ai piedi, e man mano che scendeva verso le estremità sentivo un calore come se mi venisse tolta la pelle; ma era una cosa piacevole, niente affatto dolorosa. Poi la luce cessò e passando una mano su di un punto rosso della parete si aprì un pannello: nell’interno vi era una tuta di un azzurro intenso. Mi trovai così inguainato in un indumento fatto di materiale sconosciuto. Ai piedi mi misi dei sandali che si univano alla tuta nelle caviglie. Rientrò Règga e, passandomi la mano sui fianchi, fece sì che i due pezzi della tuta diventassero uno solo e in quell’istante sentii il mio corpo leggerissimo: suppongo che dei miei 75 kg ne avrò pesati sì e no 40.

Uscendo dallo stanzino, tutti i presenti si alzarono in piedi esprimendo un complimento su come mi ero comportato, giacché avevo superato la doccia magnetica depurante ed il potere magnetico della tuta. Poi ci sedemmo, ed il mio posto fu fissato vicino a Règga di Marte. Intanto, essi parlavano nella loro solita lingua a me sconosciuta, mentre colui che si chiamava Ron sembrava che interrogasse ognuno dei presenti. Alla fine ci alzammo in piedi: a questo punto entrò in sala un altro sconosciuto il quale posò davanti a Règga un aggeggio come una valigetta, anch’essa di materia sconosciuta. Règga la aprì e ne trasse un triangolo rosso con alla sommità la rosa rossa con lo stelo spinoso: era il simbolo del mio pianeta. Era come se il simbolo e la tuta si attrassero l’un con l’altro. Consegnatami la rosa, ci sedemmo di nuovo e quegli uomini iniziarono a parlare uno alla volta di tutti gli affari politici, civili, militari e scientifici della nostra Terra. Mentre parlavano, il tavolo s’illuminò come uno schermo e vi apparve il globo terracqueo in tutti i minimi particolari. Montagne, fiumi, città e paesi di tutte le nazioni, Basi militari, missili, bombe atomiche in superficie e sotterranee. Si parlò molto e mi furono dette molte cose che non potrò mai rivelare perché mi fu proibito. Ed io mi attengo agli ordini. In ogni modo questo lo posso dire: essi tengono sotto controllo tutte le Basi atomiche e missilistiche esistenti sulla Terra, e guai alla nazione che sconsideratamente tentasse di farne uso. Essa scomparirebbe dalla superficie del pianeta. Dopo la riunione, tutti mi salutarono e si complimentarono di nuovo, promettendomi di rivederci ad ogni riunione. Poi se ne andarono. Rimanemmo soli io e Règga…»

Articolo dedicato alla testimonianza del meccanico bolognese Luciano Galli, Domenica del Corriere.

Eugenio dunque partecipa alla riunione con questi ambasciatori di alcuni pianeti del sistema solare, ed altri autorevoli personaggi extraterrestri di cui rivelerà l’identità solo ai più intimi collaboratori. Ciò che possiamo dire di completamente inedito è che, negli anni seguenti, alcuni extraterrestri che Eugenio incontrò sulla Luna Nera hanno preso forma umana sulla Terra ed oggi sono qui in missione, hanno lasciato i loro corpi in animazione sospesa all’interno di quelle nicchie di cristallo nella Luna Nera, e si sono incarnati sulla Terra. Tra questi, oggi possiamo rivelare quello che a nostro parere è uno dei più autorevoli: un Essere della quinta dimensione conosciuto col nome di Nibiru-Arat-Ra. Egli, appena tre anni più tardi, nel 1972, è sceso sulla Terra per personificare l’opera del più importante figlio spirituale di Eugenio Siragusa: Giorgio Bongiovanni, la cui missione coinvolge migliaia e migliaia di persone che collaborano attivamente all’opera extraterrestre coordinata dai Geni Solari.

Questi missionari extraterrestri rinunciano a decine di anni della loro meravigliosa vita multidimensionale e discendono in questa valle di lacrime chiamata “pianeta Terra”. Si incarnano come neonati terrestri, oppure personificano uomini e donne capaci di recepire la loro programmazione. Questa stupefacente opera è un servizio che essi offrono per il bene dell’umanità, per trasmettere ai terrestri la genetica cosmica GNA e preparare l’instaurazione della nuova società. Il loro amore nei confronti dei terrestri dev’essere veramente sconfinato, visto che essi conoscono bene le durissime condizioni di vita che incontrano sulla Terra, incluse le attrattive della dimensione materiale che comportano il rischio di acquisire karma negativo, con l’obbligo di reincarnarsi di nuovo sulla Terra chissà quante volte, fino alla completa purificazione karmica, prima di poter tornare nella loro dimensione. Non sono pochi infatti quelli che, dopo anni di fruttuosa missione, si corrompono ed entrano nella ruota karmica terrestre.

Dopo la riunione con i dignitari extraterrestri, Eugenio viene ricondotto sulla cosmonave, che lascia la Luna Nera e in brevissimo tempo raggiunge la Luna. Ad una profondità di circa 400 metri sotto la crosta lunare, Eugenio osserva un piccolo cuore solare. “A quelle profondità potevo respirare bene – racconta Eugenio. Contrariamente a quanto viene affermato sulla Terra, lì ci sono tutti gli elementi necessari per la vita. La Luna è abitata ed ha animali e vegetazione. Gli extraterrestri hanno costruito enormi hangar dove possono entrare le loro navi e rimanere in missione nel cosmo”.

Anche il famoso contaYsta George Adamski raccontò di aver visto animali e vegetazione sulla Luna.

Infine Eugenio viene ricondotto sulla Terra. Il viaggio di oltre 470.000 Km era durato appena due ore e venti minuti.


La placca storica del modulo lunare (Eagle) dell’Apollo 11. Fotografia della placca in acciaio inossidabile, situata nel modulo lunare Eagle (Aquila) dell’Apollo 11. L’iscrizione riporta: “Qui uomini dal pianeta Terra per primi misero piede sulla Luna Luglio 1969 d.C. Venimmo in pace per tutta l’umanità.” La placca è firmata dai tre membri dell’equipaggio di Apollo 11: Neil Armstrong, Michael Collins and Edwin E. Aldrin, Jr e dell’allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon.

Il viaggio di Eugenio avvenne proprio nei giorni in cui gli Stati Uniti si preparavano al lancio dell’Apollo 11, che il 20 luglio 1969 avrebbe portato per la prima volta gli uomini della Terra sulla Luna. Gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin toccavano il suolo lunare il 21 luglio 1969, lasciando sulla Luna una targa d’acciaio su cui sta scritto Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, luglio 1969 d.C. Siamo venuti in pace, a nome di tutta l’umanità.”

In realtà gli astronauti erano stati preceduti da Eugenio Siragusa, e prima di lui era già sbarcato sulla Luna George Adamski. E tredici anni prima degli americani anche il contattista Howard Menger visitò la Luna, ed ebbe la possibilità di scattare alcune fotografie del suolo lunare e delle grandi cupole che coprono le Basi extraterrestri. Ne parlo in modo molto approfondito nel 6° episodio del mio seminario dedicato proprio alla straordinaria storia di Howard Menger, che potete guardare gratuitamente nel nostro Canale YouTube.

Negli stessi giorni in cui i terrestri mettevano piede sulla Luna, gli extraterrestri portavano sulla Luna Nera il loro più importante ambasciatore, Eugenio Siragusa, e concedevano così all’umanità conoscenze di enorme valore scientifico e spirituale.

Eugenio aveva già intrattenuto una corrispondenza epistolare con Dwight Eisenhower prima che questi diventasse presidente degli Stati Uniti d’America. Eisenhower ebbe come vicepresidente Richard Nixon, il quale fu a sua volta presidente proprio quando l’Apollo 11 atterrò sulla Luna. Perciò gli americani sapevano benissimo che i contatti extraterrestri di Eugenio erano autentici e degni di totale fiducia, e conoscevano benissimo i messaggi extraterrestri divulgati da Eugenio.

Pochi giorni dopo l’allunaggio dell’Apollo 11, il 25 luglio 1969 Eugenio pubblicò un importante comunicato di Adoniesis, dal quale leggiamo qualche brano:

“Il giorno 21 dicembre 1968 partiva dalla Terra verso la Luna, la nave Apollo VIII con tre astronauti a bordo che fecero i primi giri intorno al satellite. [Fu la prima navicella con a bordo degli uomini a lasciare l’orbita della Terra, a raggiungere la Luna, ad orbitare intorno ad essa e a tornare in sicurezza sulla Terra.] Quello stesso giorno, partiva da Venere, in direzione Terra, una grande astronave. Questo gesto doveva essere una simbolica ma reale espressione dell’unità fraterna fra i terrestri e gli extraterrestri.”

“È vero che a circa 600 metri sotto la superficie della crosta lunare, l’uomo del Pianeta Terra troverà gli elementi necessari per la sua sopravvivenza.” “Per la naturale funzionalità delle strutture biofisiche dell’uomo, è possibile rintracciare sotto la superficie lunare quegli elementi (ossigeno, pressione, acqua) i quali sono disponibili in quantità sufficiente per operare ivi una lunga permanenza e senza bisogno di fare uso di scafandri, scorte di ossigeno e complicate tute spaziali.

Ancora la scienza terrestre non è in grado di poter conoscere le particolari condizioni in cui si vengono a trovare i corpi celesti, quando questi hanno perduto una considerevole massa del loro nucleo igneo-cosmico.

È ancora vero che la scienza terrestre sconosce il radicale mutamento che si produce nell’anello magnetosferico quando questo subisce il progressivo assorbimento verso il centro di tutta la massa del corpo celeste. L’assorbimento dell’anello magnetosferico verso il centro è dovuto alla perdita progressiva della massa del nucleo igneo-cosmico. Tale assorbimento, oltre a provocare la compenetrazione degli elementi atmosferici sul piano fisico, produce pure una modifica sostanziale delle forze coesive della materia e una conseguente contrazione di tutta la massa verso il centro. Quelle perfette figure geometriche che sono visibili sulla superficie lunare e che sulla Terra chiamate “crateri” altro non sono che coni provocati da sprofondamenti causati dal deterioramento delle numerose caverne esistenti nel substrato della crosta lunare.

Paesaggio lunare. A sinistra si può vedere la “Rupes Recta” una formazione geologica lunare lunga circa 110 Km.

Spesso succede che la contrazione della massa igneo-cosmica subisce delle fortissime oscillazioni dovute alle linee magnetiche di notevolissima intensità che si sviluppano tra l’emisfero visibile del vostro satellite e le vaste superfici degli oceani che periodicamente offre il geoide del vostro pianeta. Tali oscillazioni producono movimenti sismici di vaste proporzioni, con conseguente uscita di gas in superficie e sprofondamenti.

Sono questi gas a provocare alcuni crateri a forma cupolare [cupoliformi] e a produrre estese lingue di fuoco, alcune delle quali ben visibili dalla Terra. Le nostre Basi spaziali, installate da millenni sul vostro satellite, si trovano nell’emisfero lunare invisibile dalla Terra. Le zone che offrono maggior sicurezza sono quelle superfici che sulla Terra chiamate “mari”. In queste zone vi sono scarse possibilità di sprofondamenti per la particolare natura degli elementi che ne compongono la superficie e le strutture interne del substrato della crosta, particolarmente pressata dalle citate linee magnetiche.

Cari amici, abbiamo raccontato lo straordinario viaggio di Eugenio Siragusa, e abbiamo rivelato alcune informazioni che non erano mai state divulgate pubblicamente prima d’ora. Ma le sorprese non finiscono qui. Grazie all’aiuto dei fratelli dello Spazio che guidano le nostre attività, alcuni mesi fa abbiamo rintracciato un documento di eccezionale valore che conferma questo racconto. Ricordate quando Eugenio dice di aver visto sulla Luna Nera un uomo proveniente dal pianeta Terra, un certo signor Galli? Ebbene, abbiamo un filmato d’epoca in cui lo stesso signor Galli rilascia una breve intervista dove racconta una sua avventura extraterrestre. L’intervista, inserita in questo nostro documentario di oggi, rappresenta davvero una testimonianza di grande valore che corrobora le dichiarazioni di Eugenio.

La storia di Luciano Galli è poco conosciuta, solo gli addetti ai lavori ne hanno sentito parlare, come il Centro Studi Fratellanza Cosmica, il Centro Ufologico Nazionale, o il Centro Italiano Studi Ufologici. La storia fu pubblicata il 17 giugno 1962 sul numero 24 della Domenica del Corriere in un articolo di Renato Albanese. Luciano Galli era un meccanico di Bologna, residente presso via Castiglione. Il giornalista Renato Albanese venne informato della storia di Galli nientemeno che dal Console Alberto Perego, pioniere dell’ufologia italiana, il quale prese parte al famoso contatto extraterrestre chiamato “Caso Amicizia”, ed ebbe a che fare con molti personaggi del mondo ufologico, come il celebre contattista George Adamski, anche quando Adamski si recò in Vaticano con la nipote di C.G. Jung per incontrare Papa Giovanni XXIII sul letto di morte e consegnare al Pontefice un dono da parte degli extraterrestri… ma questa è un’altra storia.

Galli, classe 1920 (praticamente coetaneo di Eugenio Siragusa che è del 1919), è descritto come un quarantenne minuto, d’aspetto timido e fanciullesco: “un modesto operaio che ha sempre a che fare con la fiamma ossidrica e gestisce un modesto laboratorio proprio nei pressi di casa”. Nonostante la timidezza, il signor Galli era pronto a giurare dinanzi ai suoi tre figli l’autenticità delle sue esperienze extraterrestri.

Il meccanico Luciano Galli

Leggerò adesso alcuni passaggi dell’esperienza di Luciano Galli, dove le assonanze con il racconto di Eugenio sono davvero indiscutibili:

Il 7 luglio 1957 o 1959, verso le ore 14.30 il signor Luciano Galli esce di casa dopo aver pranzato. Indossa la tuta blu da lavoro e, come ogni giorno, si dirige all’officina in Vicolo delle Dame. All’imbocco della viuzza viene avvicinato da una Fiat 1.100 nera, dalla quale scende un uomo in doppiopetto grigio, camicia e cravatta, alto, di carnagione scura, dal viso regolare, con capelli e occhi nerissimi; parla italiano e il suo volto ispira una profonda bontà. Al volante c’è un altro individuo bruno dai lineamenti delicati, che porta un vestito grigio molto chiaro e non parla mai. Luciano ricorda di aver notato il primo uomo già nei giorni precedenti, sembrava pedinarlo, ma a differenza degli altri incontri, questa volta lo invita a seguirlo: “Vuoi venire con noi?” “Dove?”, chiede Galli. E l’uomo risponde: “Abbia fiducia, non c’è nessun pericolo”.

I tre salgono in auto e si dirigono verso la periferia di Bologna, entrano nel quartiere San Ruffillo e imboccano una strada campestre verso “Cresta Croara”, una ripida collina a 5-6 Km dalla città. Fermata la macchina sul crinale, scendono dall’auto in un punto noto come “Buca del Prete Santo”. Ad attenderli c’è un disco volante color grigio lucente, di 15 metri di diametro, sospeso a 2 metri da terra. Dal disco fuoriesce un cilindro alla cui base si apre un portello d’ingresso. Luciano viene abbagliato da due flash, ma gli accompagnatori lo tranquillizzarono dicendo di averlo fotografato. Probabilmente, invece, quei lampi luminosi servivano per decontaminare l’uomo dagli elementi terrestri inquinanti, e per predisporre la sua psiche.

Racconta il signor Luciano: “La spaziosa cabina di pilotaggio era vasta, rotonda, circolare, e conteneva un gran numero di strumenti, quadri con pulsanti, apparecchi che mi sembrarono amperometri, manometri o qualcosa di simile, pannelli con vari tipi di lancette, e delle specie di video. C’erano anche degli sportelli e alcuni sedili che sembravano fissati al pavimento. In mezzo al pavimento c’era una specie di finestra rotonda, un oblò largo circa un metro, attraverso il quale si poteva vedere la Terra, sempre più lontana da noi. Dapprima appariva simile a come la si vede dai nostri aerei, poi, quando raggiungemmo la zona buia, notai che assomigliava alla Luna, e poi ancora a Venere o Marte.” Luciano è sorpreso che il Comandante sappia parlare in perfetto italiano, e quello risponde: “Ho usato un ottimo metodo”.

Di lì a poco, entrano in un’enorme nave-madre simile a un sigaro o un dirigibile a coda tronca. La nave-madre è lunga circa 600 metri, emana una luce fosforescente e sembra illuminata da fari invisibili. A poppa, sotto l’estremità tronca, vi sono 6 portelloni dai quali entrano ed escono i dischi volanti. Ogni portellone presenta tre piani suddivisi da un tramezzo centrale verticale, quindi 6 aperture, per un totale di 36 ingressi. I portelloni conducono a immensi hangar su entrambi i lati della nave. Ogni hangar contiene una cinquantina di dischi volanti, perciò complessivamente la nave può ospitare migliaia di dischi volanti. “Questa è una delle nostre astronavi”, spiegano gli extraterrestri a Galli, “ne abbiamo molte altre”.

Alcune delle sezioni interne di una nave madre venusiana, ricostruita in base alle testimonianze di George Adamsky

Vicino ai dischi volanti c’è un gran movimento di centinaia e centinaia di uomini e donne indaffarati: indossano tute di materiale plastico o setoso luccicante, e quando passano vicino a Galli gli sorridono sempre. Le donne sono meravigliose e amichevoli, ciononostante gli uomini – anch’essi molto belli – non mostrano i classici comportamenti dettati dai desideri terreni. Galli chiede al suo accompagnatore quale fosse la provenienza della grande astronave, ed egli risponde “da quel pianeta che voi chiamate Venere”.

Poi Luciano viene accompagnato in un grande atrio simile a un’immensa biblioteca, e poi in un’altra sala-comandi, dove vede uno strano emblema: un triangolo che racchiude il pianeta Terra, sul quale sono raffigurati due rami di rose irte di spine, incrociati dentro e fuori al pianeta. Gli viene spiegato che lo stemma simboleggia “le contraddizioni e i problemi che incombono su di un pianeta così splendido”. Quarant’anni più tardi, lo stesso simbolo, che è praticamente identico a quello descritto da Eugenio Siragusa, verrà notato sulla pancia di un UFO triangolare in volo sopra la cittadina di Woodville, Rhode Island; in tale occasione, però, al posto dei rametti di rose vi sono due fulmini.

Infine, il signor Galli è accompagnato nella navetta, gli viene offerto da bere e da fumare, e poi viene riportato alla Cresta della Croara. Alle ore 17.30 è di nuovo a casa sua, a Bologna, esattamente 3 ore dopo essere salito con gli extraterrestri nell’automobile nera. Il giornalista chiederà a Galli se sia sicuro che quelle esperienze non gli siano accadute mentre era in trance o sotto ipnosi. “Non sono mai stato ipnotizzato”, dice Galli, “ho fatto questo viaggio nel mio corpo fisico, è proprio così. Quello che dico non è altro che la verità”. Il signor Galli rilascerà anche una dichiarazione autografa dove afferma: “Non voglio che si dica che quanto ho esposto al signor Renato Albanese sia da me stato riferito a scopo di pubblicità o di lucro. È la pura verità”.

Confrontando il periodo del viaggio di Luciano Galli con quello di Eugenio Siragusa, è evidente che Galli ebbe modo di viaggiare con gli extraterrestri in più di un’occasione e perciò dovrebbe essere annoverato a pieno titolo tra i veri e propri contattisti, anche se non abbiamo notizia di altre sue esperienze… per ora.

Va detto che il giornalista della Domenica del Corriere Renato Albanese, scettico in partenza, dovette ricredersi trovandosi di fronte alla genuinità di Galli e di altri testimoni che in quel periodo ebbe modo di intervistare. A questo proposito citiamo un aneddoto degno di nota. Poco dopo aver intervistato il signor Galli, il giornalista ricevette una lettera di quattro pagine firmata “Ibe Sclawa”, dove c’era scritto: “Zenit di Catania, 14 giugno 1962, ore 21.10 […] Siamo venuti sulla Terra per ringraziarvi dell’interesse dimostrato nei riguardi delle nostre visite in Italia.” Poi Ibe Sclawa affermava che il suo apparecchio, con equipaggio di quattro venusiani, sarebbe decollato il 15 giugno 1962 alle ore 2, dalla Sella dei Monti Vossi sull’Etna. (Forse non intendeva “Vossi” ma “Rossi”, ovvero i Monti Rossi di Nicolosi?) La lettera presentava anche il testo originale scritto in un alfabeto sconosciuto, che ricorda molto i cosiddetti “caratteri venusiani” diffusi da George Adamski. Ma è bene ricordare che all’epoca i testi di Adamski erano del tutto sconosciuti in Italia!

PACE SU TUTTE LE FRONTIERE!

Marco Marsili

30 aprile 2024

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