Il nucleare in Italia
Pubblicato il 28 Marzo 2024
Pubblicato il 28 Marzo 2024

Il conflitto russo-ucraino ha condotto gli studiosi italiani a chiedersi quali tipo di armi fossero presenti sul nostro territorio, e soprattutto se siano installate bombe nucleari. L’art. 11 della Costituzione dichiara:

«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

Nell’aprile del 2015 la senatrice Paola De Pin[1] ha presentato un disegno di legge costituzionale che integrasse l’art. 11 con i seguenti commi:

«L’impiego di militari italiani in Paesi terzi è consentito soltanto in caso di azioni militari dirette a respingere un attacco proveniente da tali Paesi.

Il transito di armi nucleari, batteriologiche e chimiche, nonché di armi di distruzione di massa sul territorio italiano, nelle acque territoriali italiane, negli spazi aerei italiani è vietato, salvo che non sia espressamente autorizzato dal Parlamento ed esclusivamente per scopi difensivi.

Lo stoccaggio ed il trasporto sul territorio italiano di armi di qualsiasi genere sono vietati ed in particolare è vietato:

a) lo stoccaggio di armi nucleari a lunga gittata;

b) lo stoccaggio di armi batteriologiche e chimiche;

c) lo stoccaggio di droni dotati di qualsivoglia armamento.

Le strutture portuali, aeroportuali, ferroviarie, stradali civili esistenti non possono essere utilizzate per il transito di armamenti ovvero per il trasporto di truppe fuori dai confini, nel caso in cui queste siano utilizzate a scopo offensivo.

L’Italia promuove e favorisce le organizzazioni nazionali ed internazionali contro la proliferazione nucleare e promuove le trattative internazionali per il disarmo nucleare».

La principale motivazione che emerge dalla relazione che accompagna il disegno di legge è la presenza di numerose basi NATO e bombe atomiche sul territorio italiano.

Il Trattato del Nord Atlantico istitutivo della N.A.T.O. ha determinato l’installazione di molte centinaia di basi militari in tutta Europa, e soltanto in Italia di circa 150 basi e migliaia di bombe atomiche; centinaia di migliaia di soldati ospitati, armamenti di ogni genere, aerei, navi che sono stati acquistati e mantenuti con denaro pubblico, hanno trasformato l’Italia in un gigantesco arsenale inconsapevole, nel meccanismo gravoso di un congegno di guerra internazionale” ha affermato la senatrice. Aggiungendo poi “Continuare ad accumulare armamenti, impiegarli nelle nuove guerre di difesa preventiva, anticipa talmente tanto il concetto di difesa da farlo coincidere con quello di aggressione ingiustificata, aprendo la strada all’inevitabile escalation delle reazioni e al proliferare di molti altri conflitti.”

Il Disegno Legge proposto si rifaceva al vecchio Decreto Legge n.181 del 1° novembre 2007, decaduto poi il 1° gennaio del 2008.

[1] Non vengono tenute in considerazione la persona in sé, la sua posizione e visione politica. La citazione ha funzione di portare alla luce un fatto accaduto all’interno del nostro Parlamento.

Quante e dove sono le basi con armi nucleari in Italia?

Secondo il Bulletin of the Atomic Scientist, pubblicato nel novembre del 2023, nel mondo vi sono circa 12.512 ordigni nucleari, appartenenti a 9 paesi (USA, Regno Unito, Francia, Israele, Russia, Cina, Corea del Nord, India, Pakistan).

L’Italia non possiede quindi armi nucleari proprie, ma le ospita sul suo territorio in virtù del Nuclear Sharing, uno dei principi fondanti del Trattato Atlantico. Nella visione della NATO la condivisione di armi atomiche ha l’obiettivo di mantenere la pace dissuadendo qualsiasi tipo di minaccia e di attacco. Questo progetto si esplica in una serie di attività:

  • mantenere armi nucleari per proteggere i paesi dell’Alleanza che non ne detengono;
  • ospitare armi nucleari o sistemi di lancio di un altro paese;
  • fornire sistemi di lancio adeguati che siano in grado di sfruttare le armi di un altro paese;
  • supportare la missione nucleare di altri paesi;
  • cooperare nella strategia nucleare di un altro paese.

Le due basi sul territorio italiano che ospitano bombe atomiche sono la base di Aviano (PD) e Ghedi (BS). La base aerea di Aviano è sotto il totale controllo statunitense, secondo gli scienziati essa ospiterebbe dalle 20 alle 30 bombe nucleari B-61, che possono essere montate su arerei americani F15E e F-16. Nel 1996 in questa base furono installati 18 depositi di armi nucleari, ognuno dei quali è in grado di contenere 44 armi atomiche. Dei 18 installati si stima che 11 siano ancora attivi.

La base aereonautica di Ghedi è invece sotto il controllo italiano, ma le operazioni coordinate dalle base rimangono comunque segrete in merito alle armi detenute al suo interno. Tutti i congegni atomici sono sotto l’autorità del 704esimo Munitions Support Squadrons.

A Ghedi vi sarebbero dalle 10 alle 15 testate nucleari statunitensi B61, che possono essere trasportate dagli aerei italiani PA-200 Tornado. All’interno vi sarebbero anche 22 rifugi per aerei, suddivisi in due gruppi, uno a nord-ovest della base e uno a nord-est.

Il livello di trasparenza riguardo l’arsenale nucleare detenuto dai paesi dell’Alleanza Atlantica è molto basso, infatti non si hanno comunicazioni ufficiali riguardo al numero di armi atomiche e alla loro localizzazione. Gli scienziati della rivista “Bullettin of the atomic scientist”, gli stessi ad aver ideato nel 1947 il Doomsday clock, ossia l’orologio dell’Apocalisse, stimano che in Italia siano presenti dalle 35 alle 45 bombe nucleari. Le fonti italiane, invece, riportano un numero più alto di ordigni nucleari, circa 70. Il report pubblicato dal gruppo di scienziati atomici è frutto del Nuclear Information Project, un progetto che ha l’obiettivo di fornire informazioni chiare e affidabili riguardo gli arsenali nucleari del nostro pianeta. Il Washinton post ha definito questo progetto una delle fonti più diffuse per il conteggio delle armi nucleari: “One of the most widely sourced resources for nuclear warhead counts”. Il report viene elaborato sulla base di testimonianze, documenti ufficiali e analisi satellitari raccolti in virtù della Legge sulla libertà di informazione (FOIA).

Nella nostra penisola non sono però presenti solo le basi di Ghedi e Aviano, vi sono una serie di sedi che hanno ruolo di supporto alla NATO, e per questo anche possibili obiettivi militari in caso di una guerra aperta tra Washington e Mosca. Diffuse sul nostro territorio ci sarebbero 120 basi ufficiali e 20 segrete, di cui non si conosce l’ubicazione.

Le basi di forza militare via terra sotto il controllo statunitense sono tre: Camp Darby, Caserma del Din e Caserma Ederle.

Camp Darby, situata tra Pisa e Livorno, ospita la Forza Tattica dell’Esercito Statunitense per il Sud Europa ed è deposito di missili e munizioni.

La Caserma del Din e quella di Ederle si trovano entrambe a Vicenza, la prima sotto controllo statunitense dal 2008, la seconda è sede dell’United States Army Africa.

La Marina sotto controllo di Washington risiede nelle basi di Sigonella e Napoli.

A Napoli ritroviamo sia la sede dell’Allied Joint Force Command con il compito di condurre operazioni militari, tra queste ricordiamo la missione in Kosovo e in Iraq, sia il Supporto Navale presso l’aeroporto di Capodichino.

A Catania vi è poi Sigonella, base area che funge da polo strategico del Mediterraneo, all’interno stazionano droni che danno supporto alle forze militare di terra e di mare. I droni impiegati sono i Global Hawk, droni spia fondamentali nelle missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione, e i Repear e Triton, droni di attacco.

Infine come ultima base della Marina, ma sotto il controllo italiano, vi è “Mar Grande” a Taranto, che nella collaborazione con la NATO svolge attività nei progetti:

  • Sea Guardian, che ha l’obiettivo di sorvegliare i mari del Mediterraneo e lottare contro il terrorismo, dà supporto anche all’operazione europea SOPHIA, il cui scopo principale è quello di mantenere la stabilità in Libia;
  • Noble Shield, che dà supporto all’Alleanza sorvegliando le aree marittime di interesse e sviluppando le capacità di difesa e di deterrenza della NATO;
  • Brilliant Shield, che assicura la sicurezza dello spazio aereo dei membri dell’Alleanza Atlantica. In particolare il fine è quello di rafforzare il “fianco est dell’Alleanza”, dando supporto a SNMG1 (Secondo Gruppo Navale Permanente).

Altri siti NATO sono il Multination Cimic Group a Motta di Livenza (TV) che è in grado di condurre cooperazioni civili-militari in linea con l’art.5 del Trattato Nord Atlantico, ossia il principio di difesa collettivo, per cui un attacco a un paese membro è considerato un attacco contro tutta l’Alleanza.

A La Spezia vi è il Centro di Ricerca e sperimentazione per la marina, esso svolge attività di ricerca e sviluppo di tecnologia navale, dalle simulazioni, all’acustica, ai sistemi “senza-pilota”. In particolare il gruppo di studio possiede due navi da ricerca che permettono l’elaborazione di soluzioni tecnologiche, una di queste è fra le più silenziose e conduce studi e analisi acustiche.

Sede del “Deployable Air Command and Control Centre” è Poggio Recanatico (FE), questo comando militare sorveglia lo spazio aereo europeo. Altra base navale è a Gaeta, questa rientra nel Navy Installations Command insieme alla base di Sigonella.

Tutte le basi sotto il controllo statunitense godono di extraterritorialità, quindi le leggi italiane non valgono e non sono applicabili al loro interno, per quanto riguarda le basi con presenza di armi atomiche, le decisioni prese riguardo a possibili operazioni che le coinvolgerebbero spettano solo al Consiglio della NATO. Dobbiamo comunque ipotizzare che in casi di urgenza non vi sia il tempo di discutere e che le decisioni vengano prese direttamente dal Presidente degli Stati Uniti, in quanto le armi sono di proprietà americana, in questo caso l’Italia non avrebbe alcun tipo di “voce in capitolo” (Linee guida di Atene – 1962).

Scenario e conseguenze di una guerra atomica

Alex Wellerstein, storico e studioso delle armi nucleari nel 2012 ha progettato un simulatore interattivo in grado di riprodurre gli effetti delle esplosioni nucleari, il Nukemap. Questo simulatore consente di visualizzare vari scenari selezionando e variando i parametri a disposizione della mappa interattiva. Sette anni più tardi un gruppo di ricercatori del “Science & Global Security” all’Università di Princeton nel New Jersey, con a capo il professore Wellerstein, ha elaborato una riproduzione degli effetti di una guerra atomica tra Stati Uniti e Russia, realizzando questa analisi “Plan A”.[2]

Secondo questo studio lo scontro atomico sarebbe scaturito prima dall’utilizzo di armi convenzionali, poi tattiche, queste porterebbero immediatamente a 2,6 milioni di vittime, e infine strategiche causando il coinvolgimento di 85,3 milioni di persone. Un conflitto che si concluderebbe nelle prime ore con 91,5 milioni di persone coinvolte: 34,1 milioni di morti e 57,4 milioni di feriti.  

Nel settembre del 2022 l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (IRIAD) ha pubblicato un’analisi sulle conseguenze di un conflitto nucleare in Italia, per la realizzazione il gruppo di ricerca ha utilizzato il Nukemap [3].

In questa simulazione le prime basi del nostro paese ad essere attaccate sarebbero quelle di Aviano e Ghedi, in quanto deposito delle armi nucleari statunitense. L’attacco alla base di Brescia causerebbe 450 morti e 3.220 feriti, mentre l’attacco ad Aviano provocherebbe 710 morti e 2.210 feriti. Questi dati presuppongono che le basi non detengano più le armi atomiche, nel caso in cui fossero ancora ubicate i danni causati sarebbero maggiori. Dopodiché i bersagli ad essere colpiti sarebbero la Caserma del Din e la Caserma di Ederle, poiché entrambe le basi si trovano a Vicenza, questo doppio bombardamento porterebbe alla morte di 12.150 persone e 44.790 feriti.

L’offensiva alla base navale di Gaeta comporterebbe 12.000 morti e 5.000 feriti, anche l’attacco all’aeroporto di Capodichino si concluderebbe con un massacro: 21.000 morti e 109.000 feriti. Secondo questa simulazione l’esplosione a Napoli non provocherebbe terremoti o eruzioni che coinvolgerebbero il Vesuvio. Essendo il capoluogo campano un polo commerciale tra nord e sud non si possono ignorare le conseguenze a cui sarebbero sottoposti i sopravvissuti italiani. 7.500 morti e 27.000 feriti sarebbero l’effetto del bombardamento alla base militare di Taranto. Altro importantissimo obiettivo sarebbe la base di Sigonella, che essendo collocata nella piana di Catania distante dai centri abitati causerebbe un numero più “ristretto” di vittime, 680 morti e 840 feriti.

Queste stime riguardano solamente le primissime conseguenze di un conflitto nucleare e sono sempre da considerare come sottostime, in quanto vi potrebbero essere tutta una serie di variabili non considerate che potrebbero portare a un numero ancora superiore di vittime. Gli effetti successivi all’immediato di uno scontro nucleare sono da tenere in considerazione, parliamo di conseguenze riguardo la salute dei feriti e di avvelenamento e distruzione del nostro pianeta con le radiazioni atomiche.

[2] https://sgs.princeton.edu/the-lab/plan-a
[3] https://nuclearsecrecy.com/nukemap/

Giada Trotta

28 marzo 2024

Bibliografia:
https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/0/912651/index.html?part=ddlpres_ddlpres1-relpres_relpres1
https://www.senato.it/leg/15/BGT/Schede/Ddliter/29212.htm
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00963402.2023.2266944
https://fas.org/issue/nuclear-weapons/?_x_tr_hist=true
https://home.army.mil/italy/index.php/about/history
https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/sea_guardian.aspx
https://marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/Noble_Shield.aspx
https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/Brilliant_Shield.aspx
https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-concluse/Pagine/approfondimenti_operazione_sophia.aspx
https://www.cimicgroup.org/int/en/article/13/mncg
https://www.cmre.nato.int/about-cmre/history-and-vision
https://ac.nato.int/about
https://alexwellerstein.com/projects/nukemap/
https://sgs.princeton.edu/the-lab/plan-a
https://www.forzeitaliane.it/Dove-sono-basi-Nato-Italia
https://www.dvidshub.net/news/465187/vup-19-welcomed-nas-sigonella-celebrates-new-mq-4c-triton-hangar
https://jfcnaples.nato.int/default
https://www.rainews.it/articoli/2022/06/le-basi-americane-della-nato-in-italia-da-sigonella-a-vicenza-2fdd797a-3941-43a9-afcd-ba5597eab4e1.html
https://www.archiviodisarmo.it/view/OJfht-iVLsdLWNA4raZPufRlUxGujzLulD7oz-dHWrM/iriad-review-09-22.pdf



Immagine in evidenza: rappresentazione grafica puramente a scopo illustrativo utilizzando il simulatore Nukemap (https://nuclearsecrecy.com), per comprendere le capacità delle armi termonucleari attualmente disponibili (in base a ciò che sono le informazioni pubbliche). Simulazione di impiego di nr.2 missili balistici intercontinentali pesanti RS-28 Sarmat (nome in codice NATO: SS-30 Satan 2) in servizio presso le forze missilistiche strategiche russe dal settembre 2023. Gli obiettivi militari sono ipotizzati come le basi NATO di Aviano e di Ghedi, dato che ospitano gli unici depositi conosciuti di armi nucleari sul territorio italiano. La simulazione è basata su missili RS-28 Sarmat configurato con nr. 15 testate nucleari MIRV dalla potenza ipotizzata di 150 chilotoni. (La Redazione)

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