L’apartheid israeliano
Pubblicato il 30 Novembre 2023
Pubblicato il 30 Novembre 2023
Immagine in evidenza: i camion che trasportano aiuti umanitari per i palestinesi entrano a Gaza attraverso il valico di Rafah sul confine egiziano mentre apre temporaneamente, a Deir al Balah. La quasi totalità della popolazione della striscia di Gaza riesce a sopravvivere solamente grazie agli aiuti umanitari dall’estero (fonte aa.com.tr).

La striscia di Gaza è una regione costiera di 360 km² popolata da più di 2 milioni di persone, di cui oltre 1 milione e 400mila con lo status di rifugiati.

Dal 1967 fino al 2005 questa zona è stata occupata militarmente da Israele.

Nel 2007, due anni dopo il ritiro israeliano, Hamas ha preso il controllo della Striscia e da allora Israele continua ad operare un blocco, ovvero la chiusura quasi totale dei valichi di frontiera e degli accessi via mare e aerei, che dura tuttora.

Oggi a Gaza oltre l’80% della popolazione vive grazie agli aiuti umanitari.

A causa delle continue chiusure dei valichi d’accesso da parte israeliana le poche imprese che si dedicano alla produzione di beni di prima necessità lavorano a intermittenza. La chiusura dei valichi di frontiera ha reso ancora più difficile la crescita economica di Gaza e la ricostruzione dopo la devastazione provocata dagli interventi militari israeliani degli ultimi anni. 

Dal 1967 il controllo che Israele ha su questi territori è pressoché totale riguardo all’acqua, all’elettricità, al petrolio: anche i morti e le nascite a Gaza devono essere notificate, verificate e confermate dall’esercito israeliano. 

Dall’istituzione dello Stato di Israele nel 1948, i governi successivi hanno creato e mantenuto un sistema di leggi, politiche e pratiche progettate per opprimere e dominare i palestinesi con l’intento di privilegiare gli ebrei israeliani.

Da allora Israele ha espulso centinaia di migliaia di palestinesi e distrutto centinaia di villaggi, in quella che è stata una vera opera di pulizia etnica.

70 anni di vita a Gaza tra privazioni, soprusi e diritti negati

Dal 1948, Israele ha imposto massicci e crudeli sequestri di terra per espropriare i palestinesi dei loro terreni e delle loro abitazioni. Milioni di palestinesi all’interno di Israele e Gerusalemme est vivono in aree densamente popolate che sono generalmente depresse e mancano di adeguati servizi essenziali come la raccolta dei rifiuti, l’elettricità, il trasporto pubblico e le infrastrutture idriche e sanitarie.

I palestinesi, in tutte le aree sotto il controllo di Israele, hanno meno opportunità di guadagnarsi da vivere rispetto agli ebrei israeliani. Sperimentano limitazioni discriminatorie nell’accesso e nell’uso di terreni agricoli, acqua, gas e altre risorse naturali, così come restrizioni nell’erogazione di servizi sanitari, di istruzione e di servizi di base e libertà di movimento

Le autorità israeliane si sono appropriate della stragrande maggioranza delle risorse naturali palestinesi nei Territori occupati a beneficio economico dei cittadini ebrei in Israele e negli insediamenti illegali. 

Israele nega cittadini palestinesi i loro diritti alla nazionalità e allo status uguali.

Il popolo palestinese è sistematicamente sottoposto a demolizioni di case e sgomberi forzati e vive nella costante paura di perdere le case.

Per più di 70 anni, Israele ha spostato con la forza intere comunità palestinesi. Centinaia di migliaia di case sono state demolite, causando terribili traumi e sofferenze. Più di 6 milioni di palestinesi rimangono rifugiati, la maggior parte di questi vive in campi profughi anche al di fuori di Israele e dei Territori palestinesi occupati. 

Israele chiede ai palestinesi di ottenere un permesso per costruire o anche solo per erigere una struttura come una tenda, ma, a differenza dei richiedenti ebrei israeliani, raramente rilascia loro un permesso. Molti palestinesi sono costretti a costruire senza permesso. Israele poi demolisce le case sulla base del fatto che sono state costruite “illegalmente”. Israele usa queste politiche discriminatorie di suddivisione in zone per creare condizioni di vita insopportabili e costringere i palestinesi a lasciare le loro case per permettere l’espansione dell’insediamento ebraico.

La “barriera di separazione” di Israele in Cisgiordania, considerata illegale dal diritto internazionale e nota ai palestinesi come il “Muro dell’Apartheid” (fonte middleeastmonitor.com)

Il blocco illegale di Israele

Dal 2007 i palestinesi sono sottoposti al “blocco” illegale di Israele, una forma di punizione collettiva che costringe la popolazione di Gaza a vivere in condizioni sempre più disastrose. Ci sono gravi carenze di alloggi, acqua potabile, elettricità, medicine essenziali e cure mediche, cibo, attrezzature educative e materiali da costruzione

Il blocco impedisce ai palestinesi di accedere a un’assistenza sanitaria adeguata, in particolare alle cure mediche salvavita e di emergenza disponibili solo fuori Gaza. Le autorità israeliane spesso ritardano i permessi e a volte non li forniscono affatto.

Nel 2020, Gaza aveva il tasso di disoccupazione più alto del mondo e più della metà della sua popolazione viveva sotto la soglia di povertà.

Israele ha commesso sistematicamente gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali contro i palestinesi per decenni. Violazioni come il trasferimento forzato, la detenzione amministrativa, la tortura, le uccisioni illegali e le lesioni gravi.

Il sistema dell’apartheid israeliano viene mantenuto commettendo abusi che sono stati perpetrati nella quasi totale impunità e rappresentano un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione palestinese portato avanti nel contesto del regime istituzionalizzato di oppressione e dominio sistematico sui palestinesi.

Loredana

Fonte: https://www.amnesty.it/apartheid-israeliano-contro-i-palestinesi/

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