La nascita dello Stato di Israele
Pubblicato il 27 Novembre 2023
Pubblicato il 27 Novembre 2023
Immagine in evidenza: il barone Lionel Walter Rothschild.

Le popolazioni di Israele e quelle dei territori palestinesi occupati sono entrambe vittime di strategie politiche e battaglie giocate da decenni sulla loro pelle innocente. Le vicende dei popoli che abitano questi territori martoriati sono da molto tempo sottratte alle loro decisioni e assoggettate a una storia scritta da altri.

Non si può credere che i fatti recenti siano frutto di avvenimenti estemporanei, è necessario conoscere alcuni decisivi avvenimenti che hanno portato alla situazione attuale.

Il movimento politico del sionismo nasce ufficialmente nell’agosto del 1897 a Basilea al preciso scopo di trovare una patria per tutti gli ebrei dispersi nel mondo. Molti dei suoi membri spingono per creare quella patria proprio in Palestina. Gli anni che vanno dalla fine del secolo scorso fino al 1917 sono anni di discussione interna e delle prime pochissime migrazioni verso quelle terre.

La Dichiarazione di Balfour a Lord Rothschild

Nel 1917 arriva una svolta storica importante, la Dichiarazione Balfour.

Il 2 novembre del 1917 il ministro degli Esteri del Regno Unito, Arthur Balfour, invia una lettera a Lord Walter Rothschild, uno dei principali leader della comunità ebraica degli Stati Uniti, lettera in cui egli affermava che il suo governo si sarebbe impegnato per creare uno stato ebraico in Palestina, promettendo l’aiuto del governo alla creazione una National Home” per il popolo ebraico.

La Dichiarazione Balfour rappresenta una sorta di escamotage per gli inglesi rispetto a quanto sta accadendo in quel momento nello scacchiere della Prima Guerra Mondiale

Sul fronte occidentale i tedeschi stanno prevalendo, sono più forti militarmente e hanno più uomini, mentre l’Impero Russo è stato nel frattempo sconvolto dalla rivoluzione.

Gli inglesi e i francesi si trovano con l’acqua alla gola e capiscono che possono risollevare le sorti della guerra e magari vincerla, se convincono ad entrare in guerra gli Stati Uniti. 

Il presidente statunitense dell’epoca, Thomas Wilson, aveva però impostato la sua campagna elettorale su “non interventismo” e pacifismo e non era di certo facile coinvolgerlo nella guerra.

È a quel punto che entra in scena Lord Rothschild, persona molto influente nelle stanze del potere statunitense e britannico. L’idea di Rothschild fu quella di proporre al Ministro degli Esteri britannico, Balfour, un accordo grazie al quale se Rothschild fosse riuscito a convincere l’America ad entrare in guerra, Balfour avrebbe scritto una dichiarazione in cui la Palestina sarebbe diventata lo Stato di Israele.

Il banchiere approfitta del suo potere per convincere diversi personaggi che erano alle sue dipendenze, e che lui stesso aveva spinto a fare carriera dentro la politica statunitense, a prestarsi al gioco: non dimentichiamo che Lord Rothschild era un sionista convinto e aveva introdotto al sionismo anche i suoi sodali

Rothschild riuscì a piazzare queste persone di sua conoscenza intorno alla figura di Wilson, che era stato eletto oltretutto grazie ai loro servigi, e loro convinsero il presidente ad entrare in guerra

È a quel punto che il ministro Balfour scrive la sua dichiarazione affermando che l’Inghilterra avrebbe mantenuto l’impegno per la costituzione in Palestina di un “focolare nazionale” per il popolo ebraico.

La corrispondenza MacMahon-Hussein

Quella di Balfour non è stata però l’unica promessa fatta dai britannici in quel tempo. Anzi, questo impegno era esattamente in contraddizione con altre promesse, fatte dal governo britannico, sugli stessi territori, ma ad altri soggetti.

In quegli stessi anni altri membri del governo britannico si erano persuasi che si potessero cambiare gli esiti della guerra soltanto colpendo gli alleati della Germania sul fronte orientale. Il loro obiettivo principale era l’Impero Ottomano, alleato con la Germania, che controllava l’attuale Turchia e il vastissimo territorio compreso tra Egitto e Iran.

Gli inglesi tentarono così di cercare sudditi insoddisfatti dell’Impero Ottomano da usare contro i turchi e potenziali alleati da attirare nella guerra, con la promessa di offrire loro un pezzo dell’Impero una volta che avessero vinto la guerra. Così tra il luglio del 1915 e il maggio del 1916, un inviato britannico, Henry MacMahon, scambiò numerose lettere con lo sceicco Hussein de La Mecca, uno dei più importanti leader religiosi musulmani e potente capo tribale arabo. Nelle sue lettere Henry MacMahon promise che in cambio di una sollevazione degli arabi contro i turchi, Hussein sarebbe divenuto re di uno stato arabo indipendente dopo la guerra.

La corrispondenza MacMahon-Hussein divenne uno dei più controversi e contraddittori documenti prodotti dal governo britannico nel corso della guerra.

Il sindaco di Gerusalemme, Hussein Salim Al-Husseini (con bastone e sigaretta), con il suo partito sotto una bandiera bianca di tregua, tenta di consegnare il documento di resa firmato dal governatore ottomano Izzat Pasha appena fuori dai confini occidentali di Gerusalemme, nella mattina del 9 dicembre 1917 ai sergenti James Sedgewick e Frederick Hurcomb del 2/19 battaglione del reggimento di Londra.

L’accordo segreto Sykes-Picot e le inconciliabili promesse inglesi

Come se non bastasse, quasi contemporaneamente, fu elaborato un altro documento, ancora più famoso, scritto da un altro inviato britannico, Mark Sykes: l’accordo segreto Sykes-Picot, con cui il Medio Oriente veniva spartito tra territori sotto controllo diretto di francesi e britannici e territori sottoposti a un’indipendenza araba.

Considerazione interessante è che tutto questo scambio di carteggi avveniva quando l’Inghilterra non aveva ancora neppure il controllo della Palestina, che era sotto il dominio degli Ottomani.

La dichiarazione Balfour si inserisce in questo quadro di iniziative confuse e contraddittorie.  

Pubblicata sui giornali il 9 novembre, la Dichiarazione Balfour suscitò entusiasmo tra i sionisti di tutto il mondo per la promessa di sostenere la creazione di uno stato ebraico in Palestina, che da utopia irrealizzabile, sembrò improvvisamente un obiettivo a portata di mano.

Nei trent’anni successivi quasi 400 mila ebrei emigrarono da tutto il mondo in Palestina, anche a causa del crescente antisemitismo. Ma quando i leader arabi lessero il testo della dichiarazione si sentirono traditi: nessuno li aveva avvertiti che avrebbero dovuto rinunciare a una parte del loro regno per cederla agli ebrei.

Poco dopo, il regime bolscevico in Russia pubblicò anche i testi dell’accordo Sykes-Picot, che sarebbero dovuti restare segreti, rivelando al mondo che Regno Unito e Francia avevano segretamente complottato per spartirsi il Medio Oriente.

In pratica gli inglesi avevano promesso agli ebrei di dare loro una patria e contemporaneamente la stessa promessa, di dare loro quella stessa terra, era stata fatta anche agli arabi, se li avessero aiutati a scacciare gli Ottomani.

Il risultato di questo pasticcio fu che dopo la guerra il governo britannico si trovò intrappolato in una serie di impegni che i suoi stessi funzionari descrissero come “inconciliabili”.

Gli arabi di Palestina insorsero più volte contro i coloni ebraici. Di fronte alle pressioni degli arabi, il governo britannico cercò di fermare l’immigrazione ebraica in Palestina, prima in maniera poco convinta e poi più decisamente. Ormai però era troppo tardi, le persecuzioni dei nazisti avevano attirato sugli ebrei le simpatie di tutto il mondo.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale i britannici si affrettarono ad abbandonare il ginepraio che avevano contribuito a creare. Nel 1948 lasciarono quello che avevano chiamato il “mandato di Palestina” e che avevano governato tra mille problemi fin dalla fine della Prima Guerra Mondiale. Lo stato di Israele nacque il giorno successivo, dando inizio a una lunghissima serie di sofferenze e conflitti che dura ancora oggi.

Loredana

Fonte: https://www.ilpost.it/2017/11/02/le-67-parole-legittimarono-israele/
Fonte: https://www.ilpost.it/2016/05/16/accordo-sykes-picot/

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