Alla scoperta di Vanguard, BlackRock e State Street
Immaginiamo per un momento di entrare in un un grande supermercato in cui apparentemente abbiamo la possibilità di scegliere tra decine e decine di prodotti sugli scaffali, quando a un certo punto ci rendiamo conto che quasi tutti i prodotti che ci troviamo davanti, a dispetto dell’apparente concorrenza, fanno capo unicamente a tre gigantesche multinazionali.
L’immaginazione cede tragicamente il passo alla realtà quando cominciamo a parlare di Vanguard, BlackRock e State Street, i 3 maggiori Mutual Funds del mondo, tra le più grandi società di investimento della terra gestite da esperti che raccolgono denaro “fresco” da una sterminata quantità di investitori e risparmiatori e che da sole controllano Big Pharma (Pfizer e GlaxoSmithKline per citare solo due tra le case farmaceutiche internazionali) e quattro delle più grandi aziende di comunicazione negli Stati Uniti, Time Warner, Disney, Comcast, News Corp, a loro volta proprietarie di CNN, NBC, HBO, Fox News, New York Times, National Geographic.
Questa creatura a tre teste, vero e proprio titano tricefalo del risparmio gestito, è costituita da società tutte fondate negli Stati Uniti e caratterizzate da una struttura piramidale al cui vertice c’è Vanguard Group. È difficile districarsi nel labirinto societario di Vanguard, ma quel che è certo è che alcune tra le più antiche, ricche e potenti famiglie al mondo posseggono fondi nell’azienda: stiamo parlando delle famiglie dei Bush, dei Rockefeller, dei Rothschild, dei reali inglesi, dei Dupont, dei Morgan e degli italiani Orsini.
Grazie alle posizioni strategiche che queste società occupano nel mercato azionario, esse sono in grado di “condizionare” gli indirizzi di ogni area di attività, dalla produzione alla distribuzione di merci e servizi, dai trasporti alla sanità e alla ricerca.
I Big Three sono maggiori azionisti in quasi il 90% delle società in cui la maggior parte delle persone investe. Per avere un’idea, nello Standard & Poor’s 500, il più importante indice azionario nordamericano, si rinvengono sia vecchi giganti della Old Economy quali ExxonMobil, General Electric, Coca-Cola, Johnson & Johnson, J.P. Morgan, sia i nuovi giganti dell’era digitale come Alphabet-Google, Amazon, Facebook, Microsoft e Apple; questo significa che l’influenza di queste multinazionali è estesa anche ai maggiori veicoli di informazione e di e-commerce.
È interessante sapere che i principali azionisti di BlackRock sono Vanguard e State Street, i principali azionisti di Vanguard sono BlackRock e State Street e i principali azionisti di State Street sono Vanguard e BlackRock.
Da un’inchiesta di Marco Palombi su ‘Il Fatto Quotidiano’ del 25 aprile 2022 emerge che BlackRock, Capital Group, Vanguard Group e State Street sono tra i principali proprietari di quella manciata di aziende che controlla il 90% della produzione mondiale di grano e il 70% di tutti i prodotti agricoli, incluse quelle aziende che dovrebbero essere concorrenti fra loro. Questa concentrazione di potere ha ridotto, secondo ammissione della stessa FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, del 75% la biodiversità dell’intero pianeta e inoltre stabilisce arbitrariamente il prezzo del cibo, chi deve mangiare, se deve mangiare, cosa si può coltivare e come.
La giornalista Enrica Perucchietti in un suo post post osserva che: «i filantrocapitalisti, negli ultimi anni, stanno acquistando sempre più terreni agricoli. Con una curiosa accelerazione negli ultimi mesi. Terreni che serviranno in tempi di emergenza climatica, siccità e compagnia bella.»
Tra l’altro Vanguard e BlackRock sono anche i proprietari, ovvero i principali azionisti, di due delle più grandi aziende del mondo, Colgate Palmolive e Johnson&Johnson.
I dati confermano che il patrimonio totale gestito nel 2019 da Big 3 ammonta a 16 trilioni, pari a 4 volte il PIL tedesco o se preferiamo, a 8 volte il debito pubblico italiano. Secondo le proiezioni degli accademici di Harvard questo patrimonio supererà i 20 trilioni nel 2030 e i 30 trilioni nel 2040, pari quindi a metà del PIL dell’intero pianeta Terra.
Com’è possibile che sommando tutti gli addetti dei 3 Big, pari a 35.000 persone, si possa gestire una simile massa finanziaria che è equivalente a quella prodotta da metà della popolazione, ovvero 3,5 miliardi di umani?
Questo colosso a tre teste possiede inoltre le maggiori agenzie di rating del pianeta, i cosiddetti “arbitri” della finanza, quelli che fanno il bello e cattivo tempo stabilendo se si debba investire o meno in un certo titolo di stato o in una certa nazione. Questi sono i soggetti, per intenderci, che fanno salire o scendere lo spread e le loro sono decisioni prese arbitrariamente: lungi dal misurare il rischio di investimento sono essi stessi a stabilire se una certa nazione debba fallire o arricchirsi, eccezion fatta ovviamente per gli USA.
E infatti chi sono i principali azionisti Moody’s, la società privata newyorkese che esegue ricerche finanziarie e analisi sulle attività di imprese commerciali e statali, fra le prime agenzie di rating al mondo insieme a Standard and Poor’s? Sono BlackRock, Vanguard e State Street.
Chi sono i principali azionisti di Standard and Poor’s? Sempre Vanguard, BlackRock e State Street.
E i principali azionisti di JP Morgan, la multinazionale americana di servizi finanziari con sede a New York e la più grande banca al mondo, nonché la banca che voleva cambiare la nostra costituzione? Inutile dirlo, i suoi principali azionisti sono nuovamente Vanguard, BlackRock e State Street.
Se poi ci chiediamo chi siano i maggiori azionisti della famosissima e terrificante Goldman Sachs, una delle più grandi banche d’affari del mondo, tra le più coinvolte nello scandalo dei mutui subprime, che ha avuto un ruolo chiave all’origine della crisi greca, dalla quale ha guadagnato enormi profitti, non ci stupiremo di scoprire che ancora una volta i suoi principali azionisti sono Vanguard e BlackRock. Tutto è nelle mani di questa gente, è tutto roba loro.
E non crediamo che lo strabordante potere planetario di queste multinazionali si fermi alla gestione di immense e per noi quasi inimmaginabili masse di capitali: le persone a capo di questi colossi finanziari sono diventate assolutamente ingerenti nelle decisioni di politica internazionale, dando vita a una vera e propria piovra politico-finanziaria a livello mondiale. Sono questi colossi i principali finanziatori delle campagne presidenziali statunitensi, sono sempre loro e certamente ne chiedono il conto.
Per parlare di Europa non possiamo non ricordare il caso di José Manuel Barroso, entrato in Goldman Sachs poco dopo aver cessato di essere il presidente della Commissione europea. Il Corporate Europe Observatory (Ceo), Osservatorio Corporativo Europeo, afferma che l’assunzione di Barroso alla Goldman Sachs ha rivelato senza infingimenti che nell’agenda politica europea esiste una porta girevole nella quale entrano le grandi compagnie e dalla quale escono politici che vanno a “lavorare” con lautissimi stipendi per le stesse compagnie che avrebbero dovuto controllare.
Vicenda questa non troppo lontana da quella di Mario Draghi, nostro attuale presidente del Consiglio, altro ‘uomo di Goldman Sachs’, che dal 1991 al 2001 è stato direttore generale del Ministero del Tesoro italiano, guidando le principali cessioni pubbliche dello Stato come presidente del Comitato per le privatizzazioni. Mario Draghi gestì e affidò le privatizzazioni delle società pubbliche italiane alla Goldman Sachs stessa, che lo assunse poi dal 2002 al 2005 come vicepresidente e membro del Management Committee Worldwide con uno stipendio di circa 10 milioni di dollari l’anno.
Sembra proprio che il detto di Giovanni Falcone “segui i soldi” sia il più adatto per comprendere chi davvero tiri le fila del mondo economico, culturale e politico di oggi.
Loredana
2 Settembre 2022