E veniamo al Gruppo dei Trenta, Group of Thirty, che ci aiuta a capire cosa è venuto a fare Draghi in questo preciso periodo storico.
In Italia il Gruppo dei Trenta è stato fondato nel 1978. Secondo la sua definizione è un organismo globale indipendente composto da leader economici del settore pubblico e privato e del mondo accademico. Tra i suoi obiettivi annovera l’approfondimento e la comprensione delle questioni economiche e finanziarie globali, l’esplorazione delle ripercussioni internazionali delle decisioni adottate nei settori pubblico e privato.
Dal Gruppo dei Trenta viene rilasciato nel 1993 un documento dal titolo “Derivati pratiche e principi”. In questo lavoro viene esplicitamente dichiarato che bisognerebbe modificare le regolamentazioni fiscali che svantaggiano l’utilizzo dei derivati: in sostanza il legislatore e le autorità fiscali sono incoraggiate a rivedere e modificare le leggi fiscali e i regolamenti che penalizzano l’uso dei derivati nelle strategie di gestione del rischio. Questo rapporto è stato certamente utilizzato da speculatori finanziari nazionali e non, e il risultato è che i derivati sono oggi diventati uno dei principali problemi del mondo finanziario mondiale. Il Sole 24 ore, il 6 dicembre 2018 scriveva che il valore dei derivati in circolazione a livello mondiale potrebbe superare la strabiliante cifra di 2,2 milioni di miliardi di euro, vale a dire 33 volte il PlL mondiale. Parliamo di una bolla finanziaria gigantesca in cui la speculazione la fa da padrone e gli effetti li stiamo vedendo oggi con il caro bollette, il caro energia, il caro gas, eccetera eccetera.
La considerazione quindi è: com’è possibile che Mario Draghi faccia parte di un gruppo che non solo non ha impedito, ma addirittura ha rafforzato la presenza e la portata degli strumenti derivati quando sappiamo che gli strumenti derivati sono catastrofici per il sistema economico e finanziario?
Draghi, in quanto presidente della BCE, aveva proprio il compito di preservare la stabilità dei mercati finanziari, cosa che la deregolamentazione dei derivati non ha aiutato a raggiungere. Anzi secondo Draghi sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche, poiché alcune di queste dovranno cambiare e anche radicalmente, infatti afferma: “La scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”. Quindi chi ce la farà diventerà ancora più ricco, chi non ce la farà dovrà rassegnarsi a elemosinare un pasto caldo.
Anche il senatore a vita Mario Monti in un suo intervento del gennaio 2021 ha ricordato come sia importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a ristorare con debito le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura con il necessario accompagnamento sociale per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani…
Il compito del governo sarebbe quindi quello di accompagnare socialmente ed economicamente chi non ce la farà.
In questo senso è anche il documento redatto dal Gruppo dei Trenta dal titolo “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid: Designing Public Policy Interventions”, in cui vengono illustrate le linee guida che i governi di tutto il mondo dovrebbero seguire in questo periodo di pandemia.
La domanda è: perché 30 banchieri possono decidere gli interventi di politica pubblica che i governi di tutto il mondo dovrebbero applicare in questo periodo?
Perché il mondo della finanza ha facoltà di designare gli interventi di politica pubblica e mettere un proprio uomo al governo di uno stato, quando invece quest’uomo dovrebbe essere democraticamente eletto e nominato? Chi ha dato a queste persone questa facoltà?
Lo stesso Trattato di Maastricht all’articolo 107 recita: “Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente Trattato dello statuto SEBC, né la BCE, né una Banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi comunitari dei governi degli stati membri, né da qualsiasi altro organismo.”
Tuttavia questo gruppo di banchieri nel documento sopracitato afferma che, a causa della crisi a cui le imprese dovranno far fronte a breve. “… la giurisdizione ha bisogno di sviluppare risposte politiche che accomodino i cambiamenti strutturali dell’economia. Dovranno essere messe in campo misure ben indirizzate permettendo una riallocazione delle risorse in modo da fare leva su risorse pubbliche scarse, e fare uso dell’esperienza del settore privato per valutare la sostenibilità delle imprese.”
Ma dove saranno riallocate queste risorse? Ovviamente nel settore ‘corporate’, il settore di quelli che contano, dove i già ricchi diventeranno immensamente più ricchi.
Ma perché in questo documento si parla di risorse pubbliche scarse e che non bastano, quando Mario Draghi nel 2014, in quanto presidente della BCE, ha dichiarato testualmente che: “la Banca centrale europea non può finire i soldi e che essa ha ampie risorse per far fronte a tutti i problemi emergenziali che si presentano”?
A quale Draghi dobbiamo credere? A quello che in questo documento ci dice che le risorse pubbliche sono scarse oppure a quello che nel 2014 ci ha ricordato come la Banca centrale europea stampando denaro non può finirlo?
In ogni caso Mario Draghi preferisce destinare questi soldi, piuttosto che ai bisogni di noi cittadini, alle spese militari. A breve infatti porteremo le spese per la difesa a circa 40 miliardi di euro all’anno, il che corrisponde a un 2 per cento del nostro Pil, come richiesto dalla Nato.
Le parole di Draghi fanno eco a quanto ha affermato recentemente all’Europarlamento la nuova governatrice della Banca centrale europea ed ex Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, la quale ha dichiarato che ‘l’eurosistema’, in quanto unico emittente della nostra moneta, potrà sempre generare tanta liquidità quanta ne serve: quindi per definizione la BCE non può andare in bancarotta, né finire i soldi, poiché la BCE, come tutte le banche centrali, è un’istituzione particolare che genera tutto il denaro che vuole.
Il documento del Gruppo dei Trenta va avanti …