Venusiani dal futuro
Pubblicato il 7 Gennaio 2021
Pubblicato il 7 Gennaio 2021

È quasi l’alba, ho uno strano presentimento ed esco a passeggiare. Poche ore fa ho comunicato ai miei genitori l’intenzione di allestire l’archivio dell’associazione “DAL CIELO ALLA TERRA” in un salone di casa sfitto da diversi anni; è un vero onore poter adempiere a questo compito, si tratta dell’archivio mondiale della nostra grande Opera, e i miei genitori hanno capito quanto per me sia importante. Passeggio immaginando le implicazioni spirituali e gli sviluppi operativi di questo incarico. Mi trovo nei pressi dell’ampio spiazzo che sovrasta il terreno dove nell’estate del 2010 ho trascorso molte sere con la mia compagna, il nostro lupo Nagual e alcuni amici: cercavamo di contattare telepaticamente i Fratelli dello Spazio, che puntualmente sorvolavano la zona con le navicelle luminose (centinaia di volte in pochi mesi!), e rispondevano ai nostri festosi saluti lampeggiando immensi flash che ci spalancavano il cuore. Il nostro felice entusiasmo raggiungeva l’apice quando le navicelle improvvisavano movimenti soavi, sorprendenti, portentosi, meravigliosi nel cielo sopra le nostre teste. È un posto molto speciale per noi, come ho già scritto ne “i Viandanti delle Stelle”. Durante gli anni che seguirono l’indimenticabile estate, lì vicino fu costruita la nuova chiesa della Madonna del Ponte, che per la sua grandezza e la forma allungata io ho soprannominato “la chiesa Enterprise”, come l’astronave di Star Trek.

Cammino ricordando quel periodo straordinario, principio delle grandi trasformazioni della nostra vita. D’un tratto, a una cinquantina di metri di distanza scorgo un gruppetto di persone che si dirige verso di me. La cosa è alquanto strana perché non mi è mai capitato d’incontrare gente qui prima dell’alba. Man mano che mi avvicino capisco che si tratta di una famiglia: due adulti e tre bambini. Quando siamo a pochi metri, la coppia si ferma mentre i bambini continuano a muoversi freneticamente qua e là girandomi intorno ma senza coinvolgermi nei loro giochi: pare che siano intenti a rincorrersi ma sono assolutamente silenziosi, non ci sono schiamazzi e i loro rapidi movimenti sono assai composti; vedo che indossano tutti un lungo cappotto scuro che scende fino ai piedi, e un bizzarro cappello color ottone che somiglia a un casco di cuoio; ognuno di loro tiene in mano una specie di pistola giocattolo che lampeggia bianca e blu. I due adulti vestono entrambi una tuta da sci imbottita color antracite; mi guardano e sorridono cordialmente. Devono essere forestieri che vanno in gita sui monti. Sicuramente nordeuropei, sono alti almeno un metro e novanta, biondissimi e di carnagione chiara. Il loro volto è solcato da molte rughe, forse è una coppia di anziani in vacanza coi nipoti. Dato che nessuno parla, mi faccio avanti per primo: «Salve, come va? Voi non siete di queste parti, vero?» I due continuano a sorridere ma non rispondono, quindi provo col mio scarso inglese: «Hi, how are you? You’re not from around here, are you?» Allora la donna risponde in italiano, con un leggero accento straniero: «No, non siamo di queste parti…» – il suo sorriso adesso è più ammiccante – «Veniamo da lontano.» Mentre pronuncia queste parole, tra noi due nasce una reciproca intesa che mi dà turbamento, un’emozione affettuosa spontanea e alquanto “inappropriata”. Il ghiaccio ceruleo dei suoi occhi diffonde uno scintillio magnetico che mi coinvolge nel profondo, e a tratti mi fa quasi perdere la ragione. Sono inebetito, sopraffatto dall’improvvisa emotività che affiora per lei dal mio cuore. A poco a poco mi sembra di vederla più giovane, sempre più giovane, come se il suo volto ringiovanisse davanti a me, e infine mi appare in tutta la sua incantevole freschezza di fanciulla ariana. Che magia è mai questa? Sto sognando? «Siamo qui da molto tempo» – dice – «L’aria di questi luoghi fa invecchiare velocemente il nostro corpo, ogni venti o trent’anni dobbiamo sottoporci a un periodo di rigenerazione.» Mi sento confuso, penso che lei si riferisca alla patria nordeuropea, cioè fraintendo il suo discorso e penso che ogni tanto loro debbano tornare in patria perché a lungo andare il clima italiano li debilita. Il sentimento d’amore che provo è incontenibile e non riesco a trattenere una stupida frase: «Certo che voi da giovani dovevate essere veramente bellissimi…» A queste parole, in pochi istanti il suo volto ritorna anziano, io rimango letteralmente sbalordito. La donna mi guarda ancor più profondamente negli occhi, il suo sguardo brilla con maggiore intensità e quel brillìo mi fa venire in mente la gente bionda che arriva dal pianeta Venere: «Voi assomigliate molto a certi amici venusiani, anche loro sono belli come voi», dopodiché parlo di nuovo in inglese (chissà perché in inglese? Ero davvero nel pallone!) e gentilmente chiedo: «Do you come from Venus?» Lei si volta verso il compagno, entrambi ridono allegramente per qualche secondo ma non rispondono alla domanda. Poi tutt’e due rivolgono lo sguardo su di me proiettando un potere telepatico irresistibile, il mio intelletto si rischiara, sperimento una straordinaria lucidità mentale, e finalmente capisco che loro sono extraterrestri: io mi trovo davanti a due Extraterrestri.

Due? E i bambini? Mi guardo intorno e noto che i bambini si sono posizionati a formare un triangolo equilatero intorno a noi, due ai lati della coppia e uno dietro di me. Ma… non sono bambini! Sono piccoli adulti! Sembrano gemelli con fattezze orientali. Quello che indossano non è un cappello di cuoio, è proprio la loro testa! Una testa dalla pelle color ottone e del tutto priva di capelli. Sempre in assoluto silenzio, i tre armeggiano con gli apparecchi luminescenti (che credevo fossero giocattoli), dai quali fuoriesce un raggio di luce fluida che lentamente li collega l’uno all’altro, cioè: il raggio parte fluttuando da uno strumento e va a collegarsi a un secondo strumento, dal quale a sua volta riparte fluttuando fino a collegarsi al terzo strumento, in modo tale che io e la coppia ci ritroviamo chiusi all’interno di un triangolo equilatero formato da questi tre raggi simili a tubi di luce fluida, del diametro di circa quindici centimetri. La luce tubolare è bianca e pian piano irradia un chiarore gialloverde, poi blu, poi azzurrognolo e poi violetto; infine torna tutta bianca e inizia a dilatarsi. Ora la luce ci avvolge disegnando nell’aria un reticolo a forma di tetraedro. Quando la geometria è completa, si verifica un forte bagliore e improvvisamente ci ritroviamo tutti in casa mia, nella parte dove abitano i miei genitori.

Adesso la coppia sembra avere trenta-trentacinque anni d’età, e questo fatto mi sorprende tantissimo perché è come trovarsi di fronte a persone completamente diverse, l’unica cosa che li accomuna ai due anziani di prima è la tuta da sci. I tre piccoli uomini non li vedo ma percepisco la loro presenza. La donna siede con me sul divano davanti al camino, l’uomo si è accomodato su una seggiola di fronte a noi, di spalle al camino. I miei genitori stanno dormendo, mio padre è assopito sul divano a destra della donna e non si accorge di nulla; mi viene in mente che potrebbe sentire freddo, allora l’uomo percepisce il mio pensiero, si volta indietro verso il camino e concentra lo sguardo sulla legna quasi spenta… in pochi attimi il fuoco si accende! Incredibile, ha attizzato il fuoco con lo sguardo! L’atmosfera è sospesa, sembra che loro aspettino che io dica qualcosa. Mi sento felice ma un po’ impacciato, e per rompere il ghiaccio dico un’altra cosa stupida: «Volete che accenda la TV?»

Prima che possa scusarmi per aver detto una simile sciocchezza l’uomo accavalla le gambe ed estrae qualcosa dalla tasca: «Noi abbiamo questo dispositivo» – e me lo mostra. È un foglio nero lucido, rettangolare (circa 15×25 cm) con gli angoli smussati, lo spessore è inferiore al millimetro. Lo prendo in mano, non pesa nulla, sembra resistente come carta fotografica antistrappo, e al contempo è molto malleabile, si può piegare in ogni direzione ma torna automaticamente alla forma originale, perfettamente liscio e senza traccia di grinze. Lo riconsegno nelle mani dell’uomo, che mi domanda: «C’è qualcosa che vorresti vedere?» Rispondo che mi piacerebbe vedere il loro pianeta. Immediatamente il foglio si illumina e mostra un paesaggio stellare, come una foto. Non appena la mia curiosità aumenta, l’immagine si vivifica, si attiva, comincia a muoversi, il paesaggio stellare sembra vero! Questo dispositivo non è un semplice monitor ma una vera e propria “finestra” sulla realtà: non mostra un filmato registrato ma la realtà attuale in diretta, come se stessimo viaggiando tra le stelle proprio adesso. Sono immensamente affascinato. La scena si dirige a gran velocità verso un pianeta (Venere?), entra nell’atmosfera, scende di quota e sorvola paesaggi naturali morbidi, ricchi di vegetazione collinare, con il mare in lontananza. Il viaggio prosegue e ci abbassiamo ancora fino a vedere “le città”, o forse dovrei dire “le regioni”, sormontate da gigantesche cupole traslucide e turchine che emergono dall’armonia smeraldina dei verdi vegetali; sono cupole molto appiattite e molto molto allungate, come il dorso di uova colossali in cui potrebbero comodamente vivere centinaia di milioni di persone. Non so se i termini di grandezza siano corretti, forse le dimensioni delle cupole sono meno imponenti di quanto sembra, ma sono comunque immensamente estese. Dalle foreste spiccano anche degli obelischi altissimi, e scorgo qua e là alcune radure ellissoidali perfettamente livellate che sembrano artificiali come chilometriche aree pavimentate. A questo punto la scena s’interrompe, lo schermo torna nero e l’uomo afferma: «Questo dispositivo può mostrare il presente, il passato e il futuro, tenendo conto delle variabili determinate dalle scelte umane.» Siccome l’Essere umano è dotato di Libero Arbitrio, mi chiedo come sia possibile prevedere il futuro in modo tanto preciso da poterlo addirittura mostrare come se fosse un film.

«L’imprevedibilità delle scelte è relativa: tutte le possibili scelte e le loro conseguenze vengono previste grazie a precisi calcoli molto affidabili, basati sull’assolutezza della Legge di Causa-Effetto. Il Libero Arbitrio non è un valore assoluto, perché si esprime all’interno di Leggi superiori. Le varie possibilità di cause ed effetti vengono calcolate tenendo conto delle Leggi superiori. Il grande filosofo universale Giordano Bruno diede un insegnamento che in pochi hanno compreso: “Il tempo è l’intervallo tra il concepimento di un’idea e la sua manifestazione.” Questo è un concetto su cui dovrebbero ragionare gli scienziati. Le azioni non avvengono nel tempo, ma è il tempo a scaturire dalle azioni. Gli Esseri che nascono non vanno a riempire lo spaziotempo già esistente, ma è lo spaziotempo ad essere generato e rinnovato per la necessità esistenziale degli Esseri. L’esperienza di vita degli Esseri deriva dalle Leggi superiori; queste Leggi implicano, attivano e prevedono l’innata spinta evolutiva degli Esseri e le opportunità offerte dal Libero Arbitrio. Le Leggi superiori sono l’immagine di quella Provvidenza o Movente che è la Causa Assoluta dell’esistenza e di tutti gli effetti relativi, e perciò non risente del Libero Arbitrio degli Esseri. La necessità evolutiva degli Esseri è congenita, è un impulso istintivo al perfezionamento, e scaturisce dal Movente provvidenziale Assoluto che produce il continuum spaziotemporale in cui si esprime l’esistenza. Il Movente Assoluto genera tutte le possibili opportunità del Libero Arbitrio, soggetto alle Leggi superiori che orientano l’orbita delle cause esistenziali. Con i dovuti adattamenti qualitativi, con le dovute proporzioni, questo discorso è valido per tutti gli Esseri su tutti i piani dimensionali. La gamma di tutti i possibili effetti deriva dall’orientamento delle cause. Il nostro dispositivo calcola le possibilità del futuro in base a questi processi di cause ed effetti, e perciò riesce a prevedere gli eventi dell’avvenire con un margine d’errore trascurabile, perché il seme dell’avvenire è già insito nel presente. Inoltre, il dispositivo è in grado di proiettare le scene del futuro nello spazio tridimensionale come se avvenissero in questo momento. Osserva…»

Mi aspetto di veder uscire dal dispositivo una sorta di raggio proiettore di ologrammi, ma non accade niente del genere. Invece, con disarmante naturalezza compaiono intorno a noi alcune scene che mi riguardano personalmente e che non voglio divulgare, scene con persone apparentemente in carne ed ossa. Incredibilmente, io posso interagire con le persone delle scene; non so come spiegarlo, ma in questo momento io posso interagire con le proiezioni del futuro, parlare con le persone, percepire i loro pensieri, e così influenzare l’avvenire. Questo mi fa riflettere sull’effettiva relatività del tempo. Ma quel che più mi ha scombussolato è la parte finale della proiezione: vedo un corriere postale che entra nella stanza (forse dovrei dire “che entrerà nella stanza”), appoggia sul pavimento uno scatolone e se ne va. Ma quando la scena del futuro è conclusa, lo scatolone è ancora qui nella stanza! Cioè la proiezione del futuro è finita, ma lo scatolone del futuro è ancora qui davanti a noi nel presente! Resto di sasso. L’uomo extraterrestre apre lo scatolone: all’interno ci sono libri, libri tutti uguali. Ne prende uno, si siede e comincia a sfogliarlo rapidamente. Poi mi porge il libro e sorride: «È un bel libro quello che scriverai!» Non posso credere ai miei occhi: sulla copertina c’è il mio nome… sto osservando un libro che non ho ancora scritto!

Gli Extraterrestri hanno spiegato che la visione del futuro mi è stata concessa affinché mi decidessi a scrivere questo libro, che rimandavo da alcuni mesi: «Ti abbiamo mostrato qualcosa del tuo futuro per darti l’impulso necessario a compiere ciò che devi compiere secondo la tua missione. Altre volte abbiamo adottato lo stesso sistema, rimuovendo però la memoria dell’esperienza e lasciando solo l’impulso del valore attivante. In questo caso era necessario che tu ricordassi tutto coscientemente, per poterlo raccontare.» Dunque ho capito che se non avessi ricordato nulla, probabilmente avrei continuato a rimandare la scrittura del libro. Ho anche capito che questo libro dev’essere pubblicato proprio adesso perché più che mai adesso le Potenze Celesti stanno preparando il “Contatto massivo”. Poi l’uomo conclude la spiegazione come se “parlasse a nuora per dire a suocera”, ed è opportuno che “la suocera” che sta leggendo questo libro si sforzi d’intendere bene le seguenti parole: «La proiezione può essere eseguita anche su larga scala per mostrare il futuro a miliardi di individui simultaneamente. Forse in un’altra occasione parleremo dell’archivio degli eventi passati, accaduti in qualsiasi tempo e luogo, che possiamo mostrare fin nei minimi dettagli e da ogni angolazione, come una proiezione audiovisiva tridimensionale che comprende anche gli odori, le sensazioni tattili e l’ascolto dei pensieri. Questo non piace a chi ha qualcosa da nascondere, ma per noi non c’è nulla di nascosto: nei nostri archivi conserviamo il film di tutta la storia umana, ogni istante di vita di ogni singolo individuo è perfettamente registrato. Noi pensiamo che un giorno non lontano i grandi sovrani dell’universo potrebbero chiederci di mostrare pubblicamente all’umanità la proiezione di tutto quello che i malvagi dominatori della Terra hanno detto, fatto e pensato nel segreto delle loro stanze e dei loro cuori.»

Infine, i due “anziani ragazzi” si alzano in piedi e mi salutano portandosi la mano destra al petto: «Scrivi il libro. Forse ci rivedremo» dice lei, e poi scompaiono in una fiammata che mi fa chiudere gli occhi. Quando li riapro sono nella mia stanza, il Sole filtra tra le persiane carezzandomi la fronte.

In Fede,

Marco Marsili

7 Gennaio 2021

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