Simboli della nuova Era
Pubblicato il 14 Marzo 2019
Pubblicato il 14 Marzo 2019

Visione onirica

11 Marzo 2019

Durante la grande Festa di Primavera incontrai un caro amico di vecchia data con cui avevo condiviso i grandiosi e terribili entusiasmi dell’infanzia e della prima adolescenza. Ci salutammo con grande affetto nel corso di un giocoso baccanale che si svolgeva – strano a dirsi – nella piazza antistante la chiesa dedicata a San Giovanni Battista. Dopo i convenevoli, tra i canti popolari e le danze inebrianti di allegre giovinette, l’amico mi rivelò che in cima alla montagna sacra sovrastante la città era stato rinvenuto un pesce fossile incastonato nel fusto di un abete ai piedi della stella cometa, la quale è situata in cima al grande albero di Natale composto da numerosissime luci colorate che in inverno domina l’intero versante del monte rivolto al paese. Inoltre, aggiunse: “L’abete affonda le radici nella roccia dalla quale sgorga l’acqua sorgiva di un nuovo ruscello.” Poi ci salutammo e lui se ne andò sorridente in compagnia di un altro ragazzo, mentre io entravo nella chiesa.

Vicino all’altare mi si presentò un nobile vecchio dalla barba bianca come la neve, il quale m’invitò verso il leggìo per sfogliare la Bibbia, e con voce melodiosa mi disse: “Leggi quello che è scritto dov’io ti indicherò”. Seguii con lo sguardo il suo dito indice, leggendo ad alta voce un passo dell’Apocalisse come fossi un sacerdote:

“Allora io vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi… e vidi scendere dal cielo… la nuova Gerusalemme… Una voce potente che usciva dal trono esclamò: «Ecco l’abitazione di Dio fra gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli… asciugherà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose… Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio».” Al termine della lettura, il nobile vecchio disse: “Eccoti spiegato il significato di ciò che hai ascoltato nelle parole del tuo amico:

L’amico d’infanzia ti ricorda che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna tornare bambini.

La Festa di Primavera esprime la forza vitale della rigenerazione: la Resurrezione.

Il giocoso baccanale con i canti e le allegre giovinette danzanti simboleggia la spontaneità fanciullesca, il superamento delle inibizioni, dei modelli mentali e delle sovrastrutture psicologiche, ostacoli sulla via della liberazione.

La chiesa di San Giovanni indica che le rivelazioni profetiche e la scienza spirituale vengono offerte dalla stirpe solare giovannea, tribù spirituale iniziatica, famiglia d’anime responsabile del risveglio e dell’ammaestramento dei condottieri dell’umanità. Inoltre, la chiesa di San Giovanni ricorda che siamo nel periodo apocalittico della Parusìa e dello svelamento della grande Verità del Tempo di tutti i tempi, poiché Giovanni è l’Annunciatore dei Guai nell’ultimo tempo ed è il gran precursore del ritorno di Gesù Cristo sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria.

Il pesce simboleggia l’Èra dei Pesci: è fossile perché l’Èra dei Pesci è finita.

L’abete è l’albero cosmico che simboleggia nascita ed evoluzione, famiglia, lungimiranza, salute, longevità, speranza, protezione, prosperità, benedizione, e i doni dell’oracolo. È l’albero dei veggenti e dei presagi, l’albero della Visione, la colonna hermetica che unisce l’alto e il basso, la scala divina dei profeti. È la culla degli sciamani ove dimora il genio della foresta, è il magico unificatore dei mondi che sorge dall’ombelico della Terra. La Madre che reca le nuove cose dimora in questa pianta argentata dai banchetti saturnali, dispensatrice di regali che donano il sorriso ai bambini. Sotto quest’albero venne alla luce l’ancestrale Osiride. Sacro alle dèe lunari, l’abete riceve il fulmine e ne canta il tuono che fa partorire il Creato. I suoi aghi, le lacrime d’ambra, la corteccia e l’oleoresina sono potenti talismani medicàli. Nelle antiche primavere, uomini forti in vesti adamitiche innalzavano l’abete al centro del sacro cerchio in onore alla Grande Madre, per liberare le energie che rinnovellano la vita. Ecco il vessillo del Maggio! Ecco il palo santo inghirlandato con i fiori profumati della divina genitrice! Ecco l’attributo del dio che dissolve l’illusione, cosparso con il nettare dei seni delle giovani lattaie e con le resine odorose dei soli e delle lune! Ecco l’estatico cero sfolgorante dei furiosi prodìgi, eretto glorioso fra i canti delle vergini in festa, per distillare l’ambrosia seminale che sfama l’amplesso degli amanti e nutre il cosmico divenire dell’eterno presente. Ecco il sempreverde Albero della Vita, attorno al quale si abbraccia il serpente dorato dell’antica conoscenza, che inneggia ai solstizi dell’astro padre nostro e celebra il ritorno della luce redentrice. Le sue pigne, emblemi della dèa della fecondità e simulacro dell’occhio spirituale, quali metafore viventi si chiudono alla tempesta e si schiudono al sole in un perpetuo pulsare di sistole e diastole, ritmico movimento che rivela il respiro palpitante dell’onnipossente vibrazione creativa. La fiamma d’un ceppo d’abete bruciando l’oscuro passato riscaldò la natività del Maestro dei maestri, e i fumi balsamici usciti da quel legno guarirono l’anima del mondo; la cenere di quel fuoco accolse come un tappeto i magi venuti dall’Oriente ad omaggiare l’epifania del divino fanciullo, il Re dell’Universo nato nel fieno d’oro della mangiatoia – poiché Egli è il pasto dei savi, il viatico degli immortali, il pane della vita, il pane vivente disceso dal cielo, la sua carne è il vero cibo degli Eletti: se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

Questo abete si trova in cima alla montagna sacra che simboleggia la piramide della Gnosi, la cui punta adamantina è inaccessibile ai vili, agli ignavi, agli stolti e ai superbi. Solo i puri di cuore che osano ascendere verso la cima trovano la sfera della coscienza cosmica. La sommità della montagna rappresenta anche il Golgota e quindi la realizzazione della divina identità attraverso il supremo sacrificio, nonché l’apertura del settimo plesso, la fontana dai mille petali e quindi la completa realizzazione spirituale che dà accesso alle dimensioni superiori.

Il grande albero di Natale è l’essenza di tutti gli arcani simboli dell’Homo Novus, è la vittoria della Luce sulle tenebre, la vittoria delle forze spirituali sugli impulsi materiali, il trionfo di Gesù Cristo sul principe di questo mondo. Simboleggia anche la genealogia delle Razze Madri della Terra che si sono avvicendate sino ad oggi, sino al Tempo dei tempi in cui si compie la Settima Crescita dell’umana specie.

Le numerosissime luci colorate che disegnano il grande albero rappresentano gli Eletti figli della Luce, risplendenti nel buio della mondana boscaglia abitata dai lupi delle tentazioni; quelle luci diffondono i sette colori dei raggi cosmici che rischiarano l’eroico viaggio delle anime incamminate lungo i duri sentieri della montagna sacra nell’oscurità terrificante, anelando coraggiosamente alla vetta donde la stella incantevole irradia gli arcobaleni iridescenti che dissipano la tenebra dell’illusione.

La stella cometa è la realizzazione della coscienza cristica, rappresenta la cerchia dei maestri universali, i signori delle stelle, i popoli del cosmo e le milizie celesti al servizio di Cristo. È l’unisono degli Eletti in simbiosi con gli dèi astrali venuti sulla Terra per custodire e consolare quelle anime coraggiose ed umili che dedicano la vita ad amare il prossimo come se stessi, preparandosi ad entrare nella Nuova Società che sorgerà sulle ceneri della precedente.

L’acqua novella che scaturisce dalla roccia dell’indomita Fede e dell’invincibile Discernimento, è l’Acqua di Vita che simboleggia il limpido corso dell’eterna Conoscenza sempre nuova, offerta a coloro che raggiungono la mèta intramontabile per abbeverarsi al fonte delle rivelazioni. Simboleggia l’albeggiante Èra dell’Acquario, tempo in cui le umanità cosmiche spandono sulla Terra il fiume sapienziale delle verità perenni: acqua di redenzione per coloro che sono nel mondo ma non sono del mondo, per spalancare i bastioni del regno venturo a chi beve le correnti che sgorgano dall’otre stellare dei cosmici araldi messianici.

Infine, dacché l’amico si è allontanato nella Festa mentre tu entravi in chiesa, sappi che chi viene a conoscenza dei segni dei tempi, raramente sceglie di rispondere alla chiamata e percorrere la stretta via della verità, perciocché varcare le soglie del tempio significa abbandonare se stessi e uccidere l’uomo vecchio per generare l’uomo nuovo, significa offrire il proprio libero arbitrio agli dèi e dimenticare il proprio nome, significa spogliarsi dei propri abiti ed essere nudi, per ricevere finalmente la Gnosi suprema e la corona della vita eterna. Intuendo l’ardua grandezza dell’Opera, molti si lasciano vincere dalle paure e così, rapiti nelle seduzioni del mondo, vengono intrappolati alle necessità delle umane contingenze e si immergono nella ruota karmica dimenticando i segni rivelatori, come i defunti dopo aver bevuto dal fiume Lete e come i morti che sotterrano i morti nelle necropoli delle mondane bolge. In questa maniera, anziché affrettarsi alla divina sequela, si attardano nelle elucubrazioni del pensiero smarrendo l’alto senno nei labirinti delle ideologie bugiarde e delle comode deduzioni. Ben presto preferiscono seguire gli ammalianti richiami delle sirene che abitano l’oceano dell’esistenza materiale, fino a diventare nemici della stessa verità che pure hanno intravista in quei segni.

Tu sei entrato nella chiesa poiché sei parte della Chiesa iniziatica di Giovanni, tuttavia sei all’inizio del cammino: la stella cometa è ancora lontana e un lungo viaggio ti attende.

Ora va’, cavaliere, la certezza della verità sia la tua armatura, la Logica il tuo elmo, il Discernimento la tua spada, e la Fede il tuo coraggio sino alla vittoria!”

Al termine del suo discorso che avevo ascoltato in religioso silenzio, il nobile vecchio mi disse di chiudere gli occhi e di riaprirli solo dopo aver pregato il Padre Nostro. Così feci, e quando riaprii gli occhi lui era già scomparso. Guardai la Bibbia sul leggìo e trovai questi versi di Isaia:

“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, di chi porta buone novelle annunciando il bene e la salvezza. …Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, gridano di gioia, poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore… Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo… anche i popoli più lontani vedranno come il Signore ci ha salvati.”

Marco Marsili

14 Marzo 2019

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