La Confederazione Interstellare
immagine in evidenza: rappresentazione artistica di Esseri di Luce della Confederazione Interstellare

DAL CIELO ALLA TERRA

SETUN SHENAR COMUNICA:

LA CONFEDERAZIONE INTERSTELLARE È COMPOSTA DA MILIARDI DI MONDI NEI QUALI VIVONO ED OPERANO CIVILTÀ UMANE EXTRATERRESTRI DELLA TERZA E DELLA QUARTA DIMENSIONE.
UN GIORNO NON LONTANO, SULLA TERRA, VIVRETE E ASSAPORERETE LA FRESCHEZZA E LA LIMPIDEZZA DELLA VITA, DELL’AMORE, DELLA PACE E DELLA GIUSTIZIA.
PER NOI, “ALIENI DI LUCE”, NON È DIFFICILE “RAPIRE DOLCEMENTE” DI NOTTE UNO DEI VOSTRI GIOVANI E DARE LORO CERTEZZA CHE LA FRATELLANZA COSMICA PREDICATA DAI NOSTRI OPERATORI È VERA, CERTA E VERISSIMA.
MARCO MARSILI, UN GIOVANE ALUNNO DEL CALICE VIVENTE DELLA COMUNIONE.
LEGGETE! MEDITATE! DEDUCETE!
PACE!

SETUN SHENAR SALUTA

Roma, 30 Giugno 2013
Ore 16:34
G. B.

ESPERIENZA

Salute a Te, Figlio della Luce!
Salute a Te, Spirito Solare!
Salute a Te, Fratello Maestro!

Scrivo a Te questa Esperienza Astrale, per farti conoscere ciò che mi è accaduto la mattina del 29/06/2013, prima del sorgere dell’Astro Padre Nostro.

* * *

All’alba del 29 giugno 2013 fui portato oltre l’atmosfera terrestre nel buio cangiante dello spazio con tre donne e due uomini di mia conoscenza, a bordo di una piattaforma rettangolare che misurava all’incirca sette metri di lunghezza e tre di larghezza, per uno spessore di tre centimetri. Indossavamo delle comode tute bianche con casco integrato, che servivano per acclimatarsi nell’ambiente siderale. La piattaforma era dotata di un sistema che ci consentiva di respirare anche senza casco ma non c’erano pareti o vetri, era una specie di tappeto volante. Due dei presenti dovevano testare tempi e modalità di adattamento, io invece avevo il compito di redigere il racconto che leggerete in queste pagine. Altri due componenti del gruppo, gli unici senza tute spaziali, sedevano ad occhi chiusi nella posizione yogica del loto ed erano circonfusi da un chiarore celestino lattescente che emanava da loro, un’energia scaturita dall’intensa meditazione che aveva lo scopo di stabilizzare il nostro mezzo di trasporto. Eravamo felici e potevamo comunicare telepaticamente. All’improvviso, ecco scendere dall’alto dello spazio stellare un fiore luminoso color lillà perlaceo, un bellissimo giglio che venne a posarsi delicatamente tra di noi. Il suo polline (o ci  che sembrava essere il suo polline) inizi  a fuoriuscire copiosamente ondeggiando nell’aria come una nebbiolina luminescente che prese la forma di un portale lucente. Questa porta si dischiuse e apparve una bellissima ragazza dai lunghi capelli biondi. Senza rivolgerci la parola, si chin  in un punto preciso del mezzo di trasporto e inizi  ad armeggiare con qualche strumento. Era una scienziata incaricata di controllare il funzionamento del mezzo. 

Alquanto distaccata, indifferente alla nostra presenza, nessuno osava rivolgerle la parola. Dopo qualche minuto, dato che i miei vigorosi richiami telepatici verso di lei non sortivano risposta, mi feci coraggio ed attirai la sua attenzione. Si volt  verso di me guardandomi come un genitore guarda un figlioletto assillante; telepaticamente mi fece capire che non era lì per parlare con noi, e con piglio austero aggiunse: «Tra poco me ne andr , non seguitemi, sarebbe rischioso». Non contento della risposta e grandemente incuriosito, con entusiasmo le dissi: «Eppure avrai una casa! Avrai un luogo di provenienza, un pianeta d’origine! Come si chiama il pianeta dove vivi? Noi il nostro lo chiamiamo pianeta Terra, voi come chiamate il vostro?». «Noi non siamo come voi – disse – e non usiamo dare nomi ad ogni cosa. Ma se vuoi, il pianeta dove vivo puoi chiamarlo TAO». Detto questo si volt  e rientr  nella porta di luce. Mossi da un’irresistibile curiosità, io e un altro ragazzo balzammo nel portale trasgredendo le esplicite richieste della bella scienziata, e d’improvviso ci trovammo nel corridoio di una grande astronave, proprio dietro di lei. Ci rimprover : «Non dovevate seguirmi, non è lecito per voi stare qui, vi sono delle circostanze che potrebbero ritardare o impedire il vostro ritorno.» A queste parole, invece di rattristarci fummo immensamente felici: non avevamo tanta fretta di ritornare sulla Terra! Risposi: «Magari potessimo vivere in un altro mondo!» Constatando il nostro livello di infantile esaltazione, la ragazza ci consegn  alle cure di un suo collega dai modi più pazienti. Eravamo lì, santo cielo! Per ragioni a me ignote, al momento non potevamo tornare indietro: ormai dovevamo sbarcare sul loro pianeta. A ripensarci, suppongo che non potessimo tornare subito indietro perché quando un cosmoaereo è in partenza l’equipaggio subisce un “ridimensionamento psicofisico” che non è possibile interrompere bruscamente. E in effetti il nostro corpo fu percorso da una strana vibrazione interna che dur  diversi minuti. Il “viaggio” fu quasi istantaneo. Atterrammo in una vasta pianura verdeggiante e una porta si aprì stendendo una pedana. Scendemmo a terra e un’emozione indescrivibile s’impadronì di noi: stavamo poggiano i piedi sulla superficie di un altro pianeta! Eravamo in un altro pianeta! Eravamo DAVVERO in un altro pianeta! Il collega della scienziata era serio ma cordiale. Aveva una cinquantina d’anni (apparenti), portati splendidamente; carnagione olivastra e lineamenti sottili e gentili con occhi piccoli a mandorla; alto all’incirca un metro e novanta, con capelli castano chiaro pettinati alla John Kennedy, indossava un completo azzurro con righe verticali color bronzo ai lati di gambe e braccia. Ci avrebbe guidati in una sorta di visita turistica istruttiva. Davanti ai nostri occhi si present  una strana città molto diversa da quelle terrestri, per niente popolosa. Non so dire in che modo, ma si avvertiva che quello era un pianeta dove abitavano miliardi di persone, si sentiva l’atmosfera frizzante che riempie le città turistiche in primavera, tuttavia non c’era niente che somigliasse alle nostre metropoli e si capiva che l’urbanizzazione era organizzata in modo omogeneo per l’intera superficie del pianeta. Diciamo che questa consapevolezza “era nell’aria” come una sorta d’informazione condivisa. In effetti, ci accorgemmo di poter captare varie informazioni che pervadevano tutto l’ambiente. Magicamente emerse dal terreno una pedana fluttuante, sospesa a pochi centimetri da terra e priva di meccanismi di propulsione visibili, silenziosissima e dotata di ogni comfort. Saliti, ci spostammo scivolando nell’aria verso un grande edificio, un grattacielo tondeggiante immerso nella vegetazione che si estendeva da ogni parte. Era una scuola, un’accademia. Entrammo nel gigantesco atrio, la bellezza e l’armonia del posto ci stupirono. Più che una scuola sembrava un parco! Enormi piante da frutto si slanciavano verso l’alto, circondate da giardinetti in fiore dove diversi studenti mangiavano e colloquiavano tranquillamente tra farfalle e uccellini. Al centro dell’atrio, un’ampia e luminosa scalea di gomma dura si innalzava in forma di spirale come una scala a chiocciola senza gradini; era larga circa quattro metri, percorreva l’intera altezza dell’edificio e salendo… cambiava colore come l’arcobaleno! Questo percorso conduceva nelle tante aule, disposte circolarmente lungo le pareti interne del grattacielo: salendo, le aule erano alla tua sinistra; scendendo, a destra. Le pareti delle stanze erano di materiale gommoso, quelle dell’edificio erano di vetro (od altro materiale trasparente), si vedeva un panorama incantevole, un orizzonte verdeggiante di folta vegetazione, e in lontananza qua e là varie strutture di forma circolare, cupole ed altro. Nella scuola era diffusa una dolce musica classica simile alla Canzonetta sull’aria di Mozart, e dappertutto si spandevano aromi come vaniglia tenue, lavanda, fior d’arancia, limone delicato, rosa e gelsomino. In un’aula vidi dei marchingegni che sembravano alambicchi ultratecnologici, servivano per trasformare l’energia dei pensieri in forma liquida. Ogni ambiente era pervaso da colori e profumi deliziosi che davano allegria e distendevano il sistema nervoso. Entrammo in una stanza color azzurro pastello e rosa chiaro, con una leggera profumazione balsamica, dove ci furono mostrate delle piccole opere d’arte, tra cui degli abiti in miniatura che solo creature minuscole come folletti avrebbero potuto indossare; erano fatti con una specie di filo di rame policromo e plastificato, meravigliosamente ricamato con intrecci che ricordavano i nodi celtici. I riflessi della luce su quel materiale erano molto affascinanti. Pensai che solo un esperto artista avrebbe potuto realizzare lavori del genere, erano opere d’arte di fattura impeccabile e sembravano di grande valore. Mentre rimiravo quegli oggetti, la nostra guida ci disse che quelli erano «i lavoretti realizzati dagli studenti più giovani: bambini di quattro anni d’età». Tacqui. Una porta invisibile si aprì nella parete davanti a noi e ne uscirono tre ragazzi che sembravano miei coetanei (27 anni). Molto atletici, indossavano comode tute d’identico tipo, una verde militare, una celeste scuro e l’altra giallo zafferano; erano alti più o meno un metro e ottanta e portavano un taglio di capelli stile anni ’50. Quello con la tuta verde era biondo, quello con la tuta celeste era moro e l’altro castano. Ci salutammo e chiesi loro a che punto fossero con gli studi, pensando che avessero un sistema scolastico come il nostro che prevede il conseguimento di un diploma o qualcosa del genere. Sorridendo, risposero che nel loro pianeta non c’è una “fine degli studi”: «Ognuno pu  studiare quello che desidera, anche per tutta la vita», disse il biondo. Riformulai la domanda e chiesi da quanto tempo stessero studiando, supponendo ingenuamente di poter confrontare i miei studi coi loro. Notai il divertimento sui loro volti, dissero che già da quarant’anni studiavano lì. In pratica, mi trovavo di fronte a “ragazzi” di 44 anni d’età… altro che coetanei! Un’informazione telepatica mi venne trasmessa dalla nostra guida: “Qui non puoi capire l’età delle persone dal loro aspetto fisico, perché non invecchiamo come voi. Il nostro decadimento fisico non è dettato da malattie e traumi, in effetti non si pu  chiamare invecchiamento. Noi non abbiamo malattie. Abbiamo eliminato ogni infermità adottando uno stile di vita adeguato ai cicli naturali, e agevoliamo in vari modi gli spontanei processi di riequilibrio. A questo scopo pratichiamo esercizi fisici e mentali per ogni necessità; alcuni di questi sono noti nel vostro mondo con nomi in lingua sanscrita, una lingua conosciuta in molte parti della galassia: Hatha yoga, Raja yoga e Kriya yoga, con i relativi mantra, mudra e pranayama. Inoltre, possediamo tecnologie che riportano in equilibrio le disarmonie fisiche ed emotive.” No-comment.

Salutammo gli studenti e facendo il percorso a ritroso uscimmo dall’edificio. Iniziammo a percorrere un lungo viale molto ampio, costeggiato d’erba accuratamente tagliata; la pavimentazione era morbida come gomma! Questo morbido viale formava una rete sinuosa che si diramava in ogni direzione, fin dentro le casupole disseminate nella zona. Un Sole tiepido illuminava la scena ed io sentivo lo strano desiderio di restare solo. Il nostro accompagnatore lèsse la mia mente: «Se vuoi, puoi passeggiare in solitudine». L’uomo si allontan  in compagnia del mio amico e m’incamminai da solo, serenamente solo, dolcemente solo in un mondo sconosciuto…

Lungo il tragitto vidi case basse e larghe, alcune tondeggianti, altre più simili ai nostri prefabbricati (gli abitanti di Tao perdoneranno l’infelice paragone), tutte tenuemente colorate in tinte pastello sfumate dal basso verso l’alto, e tutte circondate da verdi prati ben curati dove ho potuto vedere anche animali liberi simili ai nostri cani Labrador color miele ed altri, più in disparte, simili a marmotte giganti o ai cani delle praterie. Il paesaggio era abbellito da numerosi parchi, macchie d’alberi bassi dal fogliame scuro e cespugli profumati. L’ambiente ricordava vagamente l’entroterra della Sardegna. Fra gli alberi ho visto gruppetti di persone in cerchio che cantavano e fischiavano agli uccelli, i quali a loro volta rispondevano in coro. C’erano piccoli stagni dove volavano farfalle giganti bianche e gialle, e tutt’intorno c’erano panchine e lettini di tessuto imbottito dove qualcuno si sdraiava per godere della tranquillità. C’erano anche spazi dedicati ad attrezzi ginnici simili a quelli che abbiamo sulla Terra; uomini e donne vestiti in indumenti intimi, allenavano allegramente i loro corpi statuari compiendo movimenti yoga e varie acrobazie con incredibile naturalezza. In generale, il tutto dava l’impressione di un grandissimo, sconfinato villaggio vacanze. La pace regnava sovrana, una situazione insolita per i miei sensi abituati a miriadi di cacofonie! A tratti mi sentivo a disagio, quasi che il mio inconscio desiderasse udire il rombo d’una macchina o le grida provenienti da qualche bar. Poi mi ridestavo dal sovrappensiero ritrovandomi immerso nel perfetto equilibrio di quella dolce vita aliena. Ho visto persone intente a coltivare fiori meravigliosi, che mentre passavo mi salutavano con un lieve cenno del capo. Non c’erano recinzioni e le porte delle abitazioni non avevano serrature. Davvero il pianeta Tao mi parve uno strano sognare, eppure io ero lì, camminavo per le strade pianeggianti e morbide di quel mondo, in quella realtà, mi muovevo liberamente e scambiavo saluti telepatici con tutti, e ognuno esprimeva la propria umanità in modo onesto e per nulla artefatto… un atteggiamento che purtroppo sulla Terra abbandoniamo dopo le gioie dell’infanzia. Camminando incontrai lungo la strada la nostra guida, ma con lui non c’era il mio amico; disse che lui si era trattenuto presso la scuola per ricevere insegnamenti spirituali. Continuammo a passeggiare insieme e vidi dei piccoli “mercati” coperti da un tendaggio colorato. Alcune persone entravano in uno strano chioschetto e poi uscivano tenendo in mano dei copricapi ed altri oggetti. Chiesi spiegazioni e la guida rispose: «In questo pianeta tutta la grande produzione di beni è risolta dalle macchine e quindi nessuno deve lavorare per procurarsi di che vivere. Grazie a un efficiente sistema di distribuzione, ognuno riceve tutto il necessario gratuitamente. Quelli che tu pensi essere dei mercati, in realtà non vendono nulla perché qui non esiste il commercio e non esiste il concetto di proprietà privata. Tutti i beni sono condivisi tranne le abitazioni, che vengono assegnate di diritto a tutti i cittadini in base alle loro esigenze. Le case vengono costruite in grandi fabbriche, poi i robot le collocano nel territorio secondo un piano urbanistico che tiene conto degli spazi adeguati alla qualità della vita dei risiedenti, i quali possono personalizzare l’estetica e le funzioni della casa che abitano per tutto il tempo che vogliono. Quando i risiedenti se ne vanno, i robot riportano la casa in fabbrica e la rendono neutra per poi ricollocarla dove ospiterà altre persone. Ti ho detto che la produzione di beni è garantita e che tutti ricevono gratuitamente ci  di cui hanno bisogno, perci  quelli che vedi non sono negozi come quelli che avete sulla Terra, ma luoghi in cui i beni sono elargiti, riparàti e messi nuovamente a disposizione di tutti. Il posto da cui hai visto uscire quella gente è un’officina artigianale.» Fui sorpreso, mi domandavo a cosa servisse un’officina artigianale in un pianeta in cui la produzione di beni è del tutto gratuita e automatizzata. Notando il mio stupore, la guida mi disse: «La produzione dei beni di massa è automatizzata, le officine artigianali sono laboratori dove gli artisti possono esprimere la loro creatività, che è una manifestazione di ci  che voi chiamate Dio e perci  è molto incoraggiata». La divina creatività… che parole magnifiche! Tuttavia, pensai, debbono guadagnare qualcosa dal loro lavoro…

Questo pensiero fu intercettato dalla guida, che proseguì: «Il guadagno che immagini tu, qui non esiste. L’unico guadagno che esiste è il guadagno dell’espressione creativa, il profitto evolutivo, cioè un accrescimento della coscienza che genera nuove possibilità di espressione per il bene dell’intera comunità. Qui nulla si paga, nulla si vende e nulla si compra. Ti spiego: gli artigiani non debbono pagare le materie prime che servono per realizzare le loro opere. Semplicemente, essi si recano nei luoghi appositi, prendono i materiali di cui hanno bisogno (materiali che provengono dalla produzione automatizzata) e tornano nelle loro officine per dare libera espressione alla creatività. E, poiché il lavoro è volontario e non ci sono scadenze da rispettare, essi lo svolgono al meglio, felicemente, proprio perché non lavorano per necessità ma per ispirazione, per godere liberamente della gioia creativa, per migliorare sempre più la propria espressività attingendo al regno spirituale delle idee. Non è meraviglioso? Chiunque pu  entrare in una officina artigianale e prendere quello che desidera, e l’artista è felicissimo di regalare le sue opere, che sono di altissima qualità.» Certo abbiamo parecchie cose da imparare da questi alieni…

Procedendo lungo una salita lieve giungemmo presso un altopiano rigoglioso, completamente privo di strutture, dove soffiava un bel vento tiepido. Alberi maestosi simili ad abeti sorgevano in lontananza stagliandosi sul turchese dell’orizzonte. Ci sedemmo sull’erba a contemplare la vastità del cielo leggermente velato, i colori della luce calda riempivano il paesaggio. Improvvisamente fui sbalordito nell’avvistare alcuni aquiloni immensi, giganteschi, che volavano ad alta quota. Avevano forme semplici ma davvero la loro grandezza li faceva sembrare dei grandi palazzi volanti! Ne ricordo tre in particolare, uno in lontananza color arancio, di forma lineare, serpentiforme, verticale. Un altro più vicino, di forma quadrata a tinte ocra; e un altro ancor più vicino, color giallo oro e di forma perfettamente circolare… veramente colossale, maestoso. Erano enormi, ma ognuno di essi veniva manovrato da una sola persona! La guida parlò:

«Questo è uno dei divertimenti più comuni per la gente di Tao.

È uno sport, come direste voi, in cui non esiste competizione, l’unico scopo è manifestare l’armonia dei movimenti e nutrire l’anima con questa bellezza, perché in questa attività coloro che osservano e coloro che manovrano entrano in profonda sintonia con gli elementi della natura, anche con quegli elementi sottili che appartengono al regno dell’anima. Si inizia da bambini con aquiloni molto piccoli, per poi manovrarne sempre di più grandi, fino ad arrivare, dopo molta esperienza, a giocare con oggetti grandi come questi che vedi, capaci di coinvolgere migliaia di persone. Ricorda: i movimenti degli aquiloni nel vento rispondono ai movimenti del pensiero. Se generiamo insieme un unico pensiero di pace, il vento si placa, gli aquiloni si stabilizzano e scendono a terra, allora tutti ci uniamo in contemplazione: quando il pensiero degli uomini è coerente, la grande mente della natura si acquieta e l’ambiente si pacifica.»

Mi emozionai nel vedere che l’aquilone di forma circolare veniva posto in prospettiva davanti al Sole, cosicché un’immensa porzione di paesaggio fu oscurata come in un’eclissi inattesa e molto, molto suggestiva. Vi fu una leggera variazione di temperatura e una vaporosa pioggerellina si diffuse in tutta l’area. Poco dopo, il vento spost  quello smisurato cerchio volante e il Sole torn  a risplendere con tutta la sua sfolgorante potenza sul paesaggio. Ero estasiato. Gli aquiloni erano collegati alla persona che li manovrava tramite finissimi cavi di materiale ignoto e semitrasparente, simili a fili di ragnatela. Mi acc rsi che qualcuno dei cavi dell’aquilone circolare s’era intrecciato attorno alle chiome di un albero altissimo. Avvertii un senso di pericolo: se quell’aquilone gigante fosse caduto? Di che materiale era fatto? Era enorme, poteva essere pesantissimo! Se qualcuno fosse rimasto intrappolato sotto? Quanto tempo poteva trascorrere prima di uscirne fuori? Niente di tutto questo. Invece di agitarsi, la persona che manovrava l’aquilone si distese a terra tranquillamente stringendo in mano il bandolo dei fili, un’asticella di quarzo (?). Si volt  verso me sorridendo e telepaticamente disse: «Non sono solamente io a muovere questo grande cerchio: io sento dove il vento vuole condurlo e ne assecondo i movimenti, accordo la mia volontà alla volontà del vento. Grazie alla concentrazione degli osservatori, posso sintonizzare la mente con la grande mente che vive nel vento. Attraverso la respirazione, tutti partecipiamo al soffio del vento e ci uniamo alla grande legge che governa il respiro di tutte le cose. La grande legge è dentro di noi così come è dentro il vento. È questo il segreto! Guarda, anche gli alberi rispondono alla stessa legge!» …In quell’istante io vidi i rami dell’enorme albero piegarsi dolcemente, come mossi da una viva intelligenza: i fili si liberarono e l’aquilone riprese quota. Pensai a quanto siano meravigliose le leggi che governano l’esistenza. Dopo questo spettacolo simbolico (così lo definì la mia guida), riprendemmo il cammino lasciandoci alle spalle il parco degli aquiloni.

Il Sole era calato e una vaga luminescenza riempiva la via: un chiarore diffuso usciva dalla strada! La luminosità veniva emanata dal pavimento! Ovviamente, tra i passanti io ero l’unico a sorprendermi per questo prodigio, ma non potevo celare la meraviglia: stavo camminando su una morbida strada di luce! Come se ci  non bastasse, in quella intensa atmosfera di magica calma vidi sopraggiungere due esseri, due personaggi che avevano un’aura luminosa molto forte. Voglio dire: diversamente da tutti quelli che incontravo lungo il tragitto, questi due avevano un’aura visibile! Provenivano dalla direzione opposta, e avvicinandoci notai la loro particolare fisionomia. Avevano splendidi capelli biondo platino, finissimi e lisci, pettinati all’indietro e lunghi sino alle possenti spalle. Alti più di due metri, indossavano delle uniformi aderenti di ignoto materiale biancastro lievemente riflettente. Portavano stivaletti alti che costituivano un tutt’uno con le uniformi, le quali erano percorse da “bottoni” di luce pulsante e fasce metalliche dorate all’altezza di collo, polsi, cintura e caviglie. L’eleganza e la nobiltà di questi indumenti conferiva ai due personaggi un aspetto militaresco e sacerdotale al tempo stesso. Avanzavano a passo rapido, sincronizzato e cadenzato, con lunghe falcate, mantenendo una postura altèra ben eretta, una regalità che infondeva rispetto e spontanea sudditanza. Nessuno si rivolgeva loro e loro non si rivolgevano a nessuno, nemmeno un cenno di saluto. D’altra parte, essi apparivano serafici e la loro apparente indifferenza emanava una serenità commovente. Sembrava avessero qualche importante compito da svolgere, qualche importante luogo da raggiungere, una qualche missione da compiere. Quando mi passarono accanto restai affascinato dallo splendore dei lineamenti raffinati, la pelle immacolata, la fronte ampia e virile, il volto allungato e delicatamente squadrato, il naso fine, gli occhi oblunghi a mandorla. Tutto in loro faceva pensare ai Signori dal dolcissimo sguardo di cui Eugenio Siragusa ha parlato tante volte. Non riuscirei a identificarne il genere, erano come gemelli androgeni ma non avevano forme femminili. Si distinguevano per la sottile differenza della loro energia: erano praticamente identici, eppure dalle loro atletiche figure traspariva un diverso carattere, una diversa “posa interiore”. In un attimo m’innamorai di loro. Capii che anche per gli abitanti di Tao non era consueto vedere personaggi come quelli. E senza volerlo, immaginai il tempo venturo quando anche sulla Terra vedremo simili personaggi camminare per le strade, quando conosceremo altre razze d’uomini, altri diversi fratelli, altri figli dell’unico Padre creativo.

In ultimo, la lunga passeggiata ci condusse presso un basso casolare color legno chiaro, ove si teneva una sorta di tranquilla festicciola. Venni informato che su Tao è una pratica molto comune incontrarsi al calar della sera per trascorrere qualche ora in lieta compagnia. Tuttavia, quando arrivammo, ebbi la sensazione che a quella festa fosse accorsa più gente del solito, appositamente per incontrare noi della Terra. Infatti, molte amabili persone vennero a salutarmi con gentilezza e simpatia. Musiche d’inaudita delicatezza riempivano l’ambiente e una strana gioia permeava l’intera atmosfera. Non v’era nemmeno l’ombra di quelle baldorie infernali cui siamo abituati sulla Terra, dove il protagonismo e l’istinto sessuale determinano il comportamento della gente. Questo era un semplice raduno di esseri umani allegri e sinceri, che si scambiavano parole e sguardi amichevoli nell’aria tiepida della primavera inoltrata… una stagione che su Tao dura tutto l’anno! Un senso d’amore fresco e senza malizia coinvolgeva tutti i presenti. Che pace meravigliosa! Non entrai nel casolare, restai lì ad assaporare la dolcezza dell’atmosfera amichevole, lieta e profumata, incorniciata dalle costellazioni di innumerevoli lucciole che illuminavano i dintorni con piccoli lampi gialli, verdi, bianchi e celesti, riflessi nelle grosse piante da fiore che abbellivano l’ambientazione. I petali di quelle strane piante erano riflettenti quasi come specchi! In quel momento vidi avvicinarsi la bellissima scienziata incontrata all’inizio di questa avventura. Lei non mostrava più il distacco e la riservatezza di prima e quando mi fu accanto notai che i suoi occhioni d’oro scintillavano di simpatia. Si accost  come per parlare sottovoce e queste furono le sue parole telepatiche: «Ora capisci perché non era opportuno che mi seguiste?»

…Onestamente, non capivo. Lei continuò: «Non vedi come già ti stai trasformando? Non vedi come cambia la forma dei tuoi pensieri? E non vedi che questo avviene anche nelle persone che vivono qui?» Non riuscivo ad afferrare il concetto, anche se forse iniziavo ad intuire quello che mi stava rivelando: «Quando gli esseri umani si incontrano, si trasformano vicendevolmente. Queste trasformazioni appartengono al regno dell’anima. Prover  a spiegarti. In ogni pianeta le anime sono unite tra loro da invisibili legami. In un pianeta come la Terra, l’umanità del vostro tempo inizia appena a rendersi conto di questo collegamento, anche se per il momento non vive consapevolmente questi legami, ma riesce ad accarezzarne l’idea grazie alle recenti scoperte scientifiche. Invece, in un pianeta come questo, la nostra umanità vive da secoli la cosciente simbiosi con l’anima del mondo e percepisce tutte le sue trasformazioni.»

Cominciavo a comprendere l’importanza di concetti che prima non prendevo nemmeno in considerazione.

«Devi sapere che tutto questo è un aspetto fondamentale della nostra vita. Nel vostro mondo mangiate, lavorate, vi incontrate e fate tutto per ottenere risultati materiali, ma qui non è la stessa cosa. Gli studi, le occupazioni, le invenzioni, l’architettura, l’arte e tutte le cose che hai visto, esistono per un fine che non puoi comprendere con i tuoi criteri. Qui non ci sono sc pi da raggiungere, non come tu li intendi. Tutto ci  che facciamo è per l’evoluzione, attraverso la spontanea creatività che puoi chiamare Legge di Dio. È la spontanea creatività dell’intelligenza a governare la vita, perpetuandosi in infinite sfere di possibilità alle quali attingiamo in ogni istante, in ogni circostanza, prendendo parte alla sua illimitata e inesauribile vitalità. La spontanea creatività è onnipresente ed esiste a prescindere dalla nostra consapevolezza. Le civiltà più evolute orientano tutte le loro attività per amplificare sempre più la consapevolezza di questa legge vitale, per poterne usufruire al meglio. In questo modo, le civiltà più evolute partecipano alla coreografia cosmica non più come inconsapevoli spettatori della vita, ma come attori protagonisti, per usare un termine del tuo mondo.» Ero estasiato. «So che per te è difficile capire questi concetti, ma devi sforzarti di intuire il loro valore. L’umanità del pianeta Terra non vuole vivere in un contesto come questo; al contrario, si ostina a remare contro la corrente dell’evoluzione. Se un comune uomo della Terra venisse a vivere qui, impazzirebbe in breve tempo perché non possiede le facoltà mentali e spirituali per sopportare il nostro grado di coscienza e amore. Ma l’evoluzione è inarrestabile e, che lo vogliate o meno, vi travolgerà: l’umanità terrestre è destinata a conoscere la verità e a vivere in verità. Quando avrà superato gli ostacoli che essa stessa pone sulla propria via, allora entrerà a far parte della grande famiglia del regno dei cieli.»

Nella mia mente apparvero le scene dei grandi drammi dell’uomo della Terra, le guerre, la fame, le malattie, i cataclismi… capii che tutto questo è collegato all’incapacità di partecipare alla spontanea vitalità della natura.

«Il fatto che tu sia riuscito ad essere qui, riveste una ragione superiore che sfugge anche a noi, una ragione legata alla presenza di quei due autorevoli personaggi luminosi che hai visto camminare per strada. Sì, so che li hai visti, ma noi non sappiamo tutto: i disegni divini spesso sorprendono anche noi… Capisci? È per questo che ti sto parlando: per contribuire ad elaborare la vostra presenza! Abbiamo organizzato questa riunione, questa festa, per condividere e capire i pensieri generati dalla vostra presenza. Con la luce dell’intelligenza illuminiamo l’emotività scaturita dalla vostra presenza. Così oggi la nostra evoluzione si nutre della vostra presenza. Questo è un importante insegnamento di spontaneità!»

Immerso nel senso cosmico di questo insegnamento, mi sentivo rapito da un entusiasmo vivificante e l’atmosfera fu ancor più rasserenata, come se “elaborare” tutta questa vicenda avesse velocemente sortito effetti tangibili, non solo nel fluire dell’energia ma anche sul piano fisico, sulla temperatura, addirittura sulla vitalità delle piante lì accanto, che adesso sembravano compiere impercettibili riverenze! Anche le piccole lucciole si erano accostate a noi e i loro colori erano più intensi che mai. Pensai che sulla Terra dovremmo creare delle comunità di gente che vive insieme cercando di alimentare queste consapevolezze. Mi resi conto che l’ambiente reagiva all’energia mentale che scaturiva da quei sublimi discorsi. «Esatto» disse dolcemente la ragazza, leggendomi nel pensiero: «Sei riuscito a capire! Condividere questi concetti ha provocato la reazione della natura. È così che noi viviamo qui! Per noi è normale, ma per voi sarebbe uno sforzo troppo grande cercare di adeguarvi a questa realtà, come se un uccellino senza piume tentasse di volare. Soffrireste, e potreste anche ammalarvi gravemente. Ogni cosa a suo tempo, si dice sulla Terra. Voi avete tanto lavoro da fare nel mondo che abitate. Verrà il giorno in cui queste meravigliose verità non avranno più segreti neanche per voi.» In una frazione di secondo realizzai che quella “elaborazione” non era limitata a noi due, ma, come una specie di d mino energetico, si estendeva simultaneamente, spontaneamente, a tutti i presenti e a tutti gli abitanti del pianeta… e, forse, all’universo intero!

Adesso potevamo lasciare Tao.

La giovane scienziata, ormai amica, volle aggiungere qualcosa: «Devi sapere che nessuno è infallibile. Essere infallibili non è compito di nessuno. Solo la grande legge è infallibile. Coloro che amministrano la legge, anche se infallibili nel risultato, sono imprevedibili (spontanei! – N.d.T.) nella propria libertà di scelta. Dobbiamo sempre ricordare che il solo ed unico fallimento è uscire volontariamente dal flusso della legge, perché nella nostra volontà risiede una scintilla della Volontà Creatrice, perci  quando usciamo deliberatamente dal flusso armonioso della legge è come se stessimo costringendo Dio a sbagliare… tanto è grande la nostra libertà! Ma Colui che voi chiamate Dio, non sbaglia mai. La sua legge interviene sempre per riportare l’equilibrio. E quando la legge interviene, pu  essere molto doloroso. L’umanità della Terra non sembra intenzionata a porre fine alla sua millenaria disobbedienza a Dio… disubbidienza tristemente famosa tra le genti di tutto l’universo. Per questo subirà l’intervento traumatico della grande legge, poiché la sofferenza sfianca l’arroganza, e sotto la sferza del dolore l’uomo ricomincerà a rispettare il suo Creatore. Dalle vostre parti si dice “a mali estremi, estremi rimedi”, giusto?»

Per un attimo il suo bel viso fu velato di preoccupazione, io annuii mestamente, desolato nei confronti di questa splendida e gentile portavoce di una civiltà diversa dalla nostra, una civiltà che ha saputo incamminarsi sul sentiero dell’amore e della giustizia. Lei mi consolò:

«Sulla Terra stanno nascendo anime molto evolute. La speranza è l’ultima a morire, anche questo si dice dalle vostre parti!» Percepivo che le sue prossime parole sarebbero state le ultime: «Ora voi potete andare, potete tornare a casa. Vedi tutte queste persone? Nessuno di noi è indifferente alla vostra presenza, c’è un affetto che si muove nei vostri riguardi: un affetto che dai nostri cuori procede verso di voi, ma voi non sapete corrispondere alla purezza di questo affetto, di questo grande amore, e c’è la possibilità che qualche giovane abitante di Tao venga emotivamente coinvolto (forse avrebbe voluto dire “inquinato” – N.d.T.). Questo non possiamo evitarlo, ma non possiamo permetterlo… non ora, non qui. Adesso è bene che andiate.»

Arriv  fluttuando una specie di vettura coupé senza ruote, color nero lucido e col tettuccio trasparente; entrai da una apertura laterale e la vettura si sollev  dal suolo proiettandosi nel cielo a velocità fantastica, mentre io, col cuore già straziato di nostalgia, guardavo Tao farsi sempre più piccolo. La vettura entrò  in un’astronave scura dove rividi l’amico che era con me all’inizio. Un uomo ci fece stendere su due lettini che avvolgevano perfettamente i nostri corpi ed erano in grado di monitorare e rinvigorire le funzioni vitali; non erano molto morbidi ma mi addormentai, e quando riaprii gli occhi ero già a casa. Addio gente di Tao! Spero che ci rivedremo! Non vi dimenticherò!

* * *

Vorrei concludere questa lettera citando la prima frase del Salmo 23 (o 24, secondo le versioni):

“DEL SIGNORE È LA TERRA E QUANTO CONTIENE, L’UNIVERSO E I SUOI ABITANTI”.

Con Amore, un Bacio Solare.

Marco Marsili

30 Giugno 2013

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